Liste d’attesa sempre più lunghe e percorsi a ostacoli per ottenere visite, interventi e prestazioni di fecondazione assistita; strutture in cattive condizioni; difficoltà nel rapporto con medici di famiglia e pediatri; costi elevati, limitazioni e indisponibilità dei farmaci; documentazione sanitaria incompleta o inaccessibile; tempi biblici e burocrazia per il riconoscimento dell’invalidità e dell’handicap; criticità nella rete dell’emergenza-urgenza. Sono molte le ombre nella fotografia scattata dal XIX Rapporto Pit Salute del Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva, dal titolo “Servizio sanitario nazionale: accesso di lusso”, presentato oggi a Roma.
Secondo l’indagine, basata su 21.493 segnalazioni dei cittadini giunte nel 2015 ai Pit Salute nazionale e locali, l’accesso al Ssn è sempre più un lusso. Quasi uno su tre nel 2015 – il 30,5% rispetto al 25% del 2014 – lamenta infatti difficoltà di ottenere prestazioni sanitarie pubbliche a causa di liste di attesa (54,5%), ticket (30,5%), intramoenia (8,4%).
Se diminuiscono le segnalazioni di liste di attesa per esami diagnostici semplici, passate dal 36,7% del 2014 al 25,5% del 2015, crescono invece decisamente per gli interventi chirurgici (35,3% nel 2015 rispetto al 28,8% del 2014) e per le visite specialistiche (34,3% contro 26,3%). Per entrare in sala operatoria l’attesa maggiore riguarda l’ortopedia, con il 30,7% delle segnalazioni (27,5% nel 2014), per le visite specialistiche l’oculistica (25% rispetto al 18,5% nel 2014), mentre per gli esami diagnostici, le ecografie sono le prestazioni per cui si attende di più (18,8% rispetto al 24,1%). Per fare qualche esempio, si va da 2 anni di attesa per la rimozione di protesi a 15 mesi per una mammografia, fino a un anno per una visita neurologica.
Stabili le segnalazioni su gli errori sanitari e la sicurezza delle strutture, il 14,6% rispetto al 15,4% nel 2014. Si evidenzia però un peggioramento delle condizioni delle strutture (25,7% rispetto al 17% dell’anno precedente), legate principalmente al malfunzionamento dei macchinari (41,9% contro il 38,2%), alle precarie condizioni igieniche (30,1% contro il 35,3%) e agli ambienti fatiscenti (28,1% contro il 26,5%).
In testa, fra gli errori terapeutici segnalati, quelli in ortopedia (14,3%, ma in diminuzione rispetto al 28,4% 2014) e in ginecologia e ostetricia (14%, nel 2014 erano l’8,3%), seguiti dalla chirurgia generale (12,9%). Anche sul fronte delle diagnosi, gli errori si verificano più di frequente in ortopedia (15,6%) e in ginecologia e ostetricia (15,2%).
Da una disamina delle segnalazioni di presunti errori giunte al servizio di consulenza del Tdm, emerge che, su 768 consulenze medico legali, in quasi due casi su tre (63%) si sconsiglia l’azione legale. Nel 57% dei casi non è ravvisabile una diretta responsabilità sanitaria, ma in uno su tre (32%) la documentazione clinica consegnata dalle strutture è incompleta o inadeguata e per l’11% sono decorsi i termini per l’azione legale. I cittadini non lamentano solo errori, ma anche di non essere stati trattati con umanità dal personale (34%) o di non aver ricevuto le giuste e adeguate informazioni da parte dello stesso (27%).
Dalle segnalazioni ai cittadini emergono anche lunghe attese al pronto soccorso e triage non trasparente: i disagi nell’emergenza urgenza riguardano il 62,8% rispetto al 50,7% del 2014. Si tratta soprattutto di lunghe attese al pronto soccorso (45,3%) e di assegnazione del triage non trasparente (40,5%, + 15% rispetto al 2014): ai cittadini che ricorrono al PS insomma sembra spesso di aspettare troppo, anche perché ben poche strutture spiegano come viene assegnato il codice e ancora meno sono quelle dotate di monitor per indicare i tempi di attesa per codice di priorità.
Secondo ambito problematico è quello delle degenze ( 23,8%), per le quali il 45% segnala di essersi visto rifiutare il ricovero perché ritenuto inappropriato dal personale medico o per i tagli ai servizi. Ma capita anche di essere ricoverati in un reparto inadeguato (un quinto delle segnalazioni), mentre le dimissioni ospedaliere sono ritenute improprie per il 65,4% dei cittadini che si sono rivolti al Pit Salute e più di uno su quattro riscontra difficoltà nell’esser preso in carico dal territorio.
Il contrasto delle liste di attesa è la prima priorità indicata dal Tdm, che chiede “un nuovo Piano nazionale di governo e l’inserimento del rispetto dei tempi massimi tra i criteri di valutazione dei direttori generali; la definizione di tempi massimi per tutte le prestazioni; la gestione informatizzata e centralizzata delle liste di attesa di tutte le strutture (pubbliche e convenzionate) per esami, visite e interventi chirurgici e ricoveri in piena trasparenza, così che i cittadini possano avere pieno accesso a tutte le agende e si evitino distorsioni di uso ‘privato’ del sistema pubblico”. Prioritario è anche “il monitoraggio effettivo della sicurezza strutturale dei presidi sanitari, rendendo trasparenti e accessibili ai cittadini i risultati”. E ancora “investire sul personale e mettere a punto gli standard, contrastando derive a solo vantaggio del contenimento dei costi, come il minutaggio o altre logiche che nulla hanno a che vedere con i bisogni dei cittadini”. (AdnKronos)