In Europa si perdono 11 ettari di terreno ogni ora, una velocità impressionante se si pensa che, invece, ci vogliono fino a 1.000 anni perché 2-3 centimetri di suolo possano riformarsi, una volta degradati. L’Italia ci mette del suo: il nostro Paese, infatti, contribuisce per circa un quinto a questo consumo di suolo, consumo che comporta, secondo i dati dell’Ispra, la perdita irreversibile di 6-7 mq al secondo a causa della sua alterazione profonda e alla copertura artificiale con cemento o asfalto.
Per dare un’idea, la percentuale di consumo di suolo in Italia è quasi il doppio della media europea. Ma non va meglio nel resto del mondo, dove il 33% dei suoli è degradato, mentre la domanda di cibo, foraggio e fibre è in crescita ed è previsto dalla Fao un aumento del 60% entro il 2050. I dati sono stati diffusi dall’Ispra in occasione del “World Soil Day: La vita sotto i nostri piedi”, appuntamento organizzato da Ispra per la Giornata Mondiale del Suolo istituita dalle Nazioni Unite per accendere i riflettori su questa indispensabile risorsa naturale.
Ma cosa perdiamo, insieme con il terreno? Una delle proprietà del suolo, spesso sottovalutata, è l’essere una riserva di carbonio: la Commissione Europea stima che il 20% delle emissioni di Co2 dell’uomo siano catturate dal suolo e che il carbonio nel suolo è pari a tre volte quello in atmosfera.
Negli ultimi cinque anni, a causa del consumo di suolo in Italia, c’è stata una riduzione dello stock di carbonio nel suolo di 5 milioni di tonnellate, pari a una emissione di Co2 in atmosfera potenzialmente pari a 18 milioni di tonnellate. Insomma: è come se oggi ci fossero quasi 4 milioni di auto in più, l’11% dei veicoli circolanti.
Non solo Co2. I suoli sani sono essenziali per la produzione alimentare: il 95% del nostro cibo dipende dalla disponibilità di suolo fertile.
Agricoltura e urbanizzazione competono per l’uso degli stessi suoli: tendenzialmente i terreni a più elevata potenzialità produttiva. Ad esempio, in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani. La Fao stima che, con questo tasso di distruzione del suolo, ci rimangano solo 60 anni residui per disporre di sufficiente suolo fertile di buona qualità.
L’urbanizzazione comporta un declino degli habitat naturali e seminaturali che risultano sempre più frammentati da zone costruite e infrastrutture di trasporto. Il 30% del territorio dell’Ue è altamente frammentato e questo influenza il collegamento e la salute degli ecosistemi, ma anche la capacità degli ecosistemi di fornire servizi e habitat adatti alle specie.
Sono stati assunti diversi impegni riguardo l’uso del suolo a livello sia internazionale che nazionale. Nelle sue conclusioni, Rio+20 chiede un mondo che sia a ‘degrado del suolo neutro’, mentre l’Ue ha l’obiettivo di non edificare su nuove aree entro il 2050 e invita a fissare degli obiettivi per un uso sostenibile di territorio e suolo.
In Italia, il Testo Unificato della legge per il contenimento del Consumo di Suolo, recentemente approvato dalle Commissioni Ambiente Territorio e Agricoltura della Camera, riconosce l’importanza del suolo come bene comune e risorsa non rinnovabile, fondamentale per i servizi ecosistemici che produce anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
Il testo conferma il ruolo di Ispra, che renderà pubblici tutti i dati sul fenomeno e che, insieme al Crea, assicurerà le attività di monitoraggio. Tuttavia, la definizione di consumo di suolo, osserva l’Ispra, contrariamente a quella utilizzata dall’Unione Europea, appare limitata, non considerando il consumo di suolo in tutte le sue forme. (AdnKronos)