“Yes we can” . Così, con il suo slogan piu celebre, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiuso il discorso di addio, al termine del doppio mandato di otto anni. Un discorso ricco di momenti toccanti, pronunciato a pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump, nel centro congressi McCormick Place di Chicago, dove lo stesso Obama celebrò la vittoria elettorale del 2008. Un discorso nel corso del quale il presidente uscente, il primo afroamericano della storia del Paese, ha chiesto ai cittadini americani di sostenere e portare alti i valori che hanno reso forti gli Stati Uniti e respingere ogni forma di discriminazione. “Voi siete il cambiamento, voi avete risposto alle speranze della gente e grazie a voi gli Usa sono un luogo migliore e più forte di quando abbiamo iniziato“, ha detto riferendosi ai cittadini. Secondo Obama se otto anni fa qualcuno avesse promesso che il Paese si sarebbe “lasciato alle spalle una grave recessione“, avrebbe aperto “un nuovo capitolo con il popolo cubano e chiuso il programma nucleare dell’Iran“, avrebbe legalizzato il matrimonio gay e riformato il sistema sanitario, si sarebbe detto che voleva “troppo“. Obama ha ringraziato la famiglia e ha definito la possibilità di ricoprire l’incarico di presidente come l’onore più grande della sua vita.
“Come cittadino – ha spiegato, davanti a 18mila persone – dobbiamo essere vigili contro l’aggressione esterna, dobbiamo rimanere in guardia contro l’indebolimento dei valori che ci rendono ciò che siamo“. Un riferimento chiaro alle politiche portate avanti da quello che sarà il suo successore, in tema di immigrazione, sulla questione sociale e in materia di ambiente e lotta al cambiamento climatico. Come già nel corso della campagna elettorale della candidata democratica Hillary Clinton, Obama ha ribadito il suo sostegno alla chiusura del carcere di Guantanamo così come alla fine della pratica dell’uso della tortura. “Ecco perché – ha spiegato tra l’ovazione del pubblico – respingo la discriminazione contro i musulmani americani“, altro chiaro riferimento alle posizioni di Trump. Così come quando è tornato sulla riforma sanitaria, uno dei punti chiave dei suoi otto anni alla Casa Bianca. “Se qualcuno riuscirà a mettere insieme un piano che sarà migliore in modo dimostrabile rispetto ai progressi che abbiamo apportato al nostro sistema sanitario, lo sosterrò pubblicamente“. In tema di politica estera ha ammonito che rivali come “Russia o Cina non possono superare” l’influenza degli Usa nel mondo. Quindi ha promesso che la minaccia dello Stato islamico “sarà distrutta“. Ma il discorso di Chicago è stato anche l’occasione per riflettere su alcuni obiettivi mancati, come il superamento delle divisioni razziali nella società. “Dopo la mia elezione, si parlava di una America post-razziale. Una visione di questo tipo, tuttavia, non è mai stata realistica. La razza rimane una forza potente e spesso divisiva nella nostra società“, ha detto il presidente. Con Obama a Chicago c’erano la first lady Michelle, acclamata dal pubblico, il vice presidente Joe Biden (che il presidente ha definito un “fratello”) con la moglie Jill, la figlia Malia, e molti membri dello staff della Casa Bianca. Assente l’altra figlia Sasha, rimasta a Washington per preparare un esame. Ed è stato proprio quando ha ringraziato Michelle, la sua “migliore amica“, che Obama si è commosso, con tanto di lacrime. Un omaggio a quella donna che, ha detto il presidente, ha saputo ricoprire il ruolo con “grazia, stile e buon umore” e che ha reso la Casa Bianca “un luogo che appartiene a tutti“. Il viaggio a Chicago è stato l’ultimo di Obama come presidente, il numero 445 sull’Air Force One. Sul velivolo, nel corso della sua presidenza, ha passato 2.800 ore (o 116 giorni).