Il segreto della longevità è nell’intestino, o meglio nei batteri che lo popolano. Il microbioma intestinale, quasi 100 trilioni di cellule batteriche, cambia nel corso della vita. Ne consegue che studiarlo dei centenari e ultra-centenari può potenzialmente offrire le ‘chiavi’ per una lunga vita in Salute, nonché fornire strategie per migliorare lo stato di Salute e assicurare alle nuove generazioni più anni di ‘buona vita’. Sono le indicazioni fornite da uno studio, realizzato da un gruppo di ricercatori dell’università di Bologna e pubblicato su ‘Mechanism of Ageing Development’, di cui dà notizia Microbioma.it, progetto voluto dalla Società italiana di microbiologia proprio per divulgare le diverse ricerche sui batteri intestinali. Gli studiosi dell’ateneo bolognese hanno analizzato i dati di letteratura internazionale e realizzato uno studio tutto italiano che ha messo a confronto la ‘popolazione intestinale’ di pazienti di differenti fasce di età, giovani adulti (30 anni in media), over 65 e due gruppi di individui super longevi reclutati in Emilia Romagna: 15 centenari (99-104 anni) e 24 super-centenari (105-109 anni). “Il microbioma che colonizza il tratto gastrointestinale umano rappresenta uno dei più complessi ecosistemi microbici a oggi identificati, in termini sia di concentrazione che di composizione”, spiega Patrizia Brigidi, autrice della pubblicazione e ricercatrice al dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’università di Bologna, ricordando che il microbioma influisce sulle caratteristiche “fisiologiche, metaboliche e immunologiche che possono avere un ruolo determinante sulla Salute dell’ospite”. Il lavori per il sequenziamento del microbioma degli ultimi anni, inoltre, hanno consentito, continua Brigidi, “di identificare e annotare diverse matrici di geni microbici che codificano numerose funzioni biochimiche e metaboliche, non codificate dal genoma dell’uomo. Si è inoltre dimostrato – conclude l’esperta – che il microbioma intestinale presenta una traiettoria specifica nel corso della vita dell’ospite, con profili di composizione e funzionali correlati all’età”. “I nostri studi sui centenari e semi-supercentenari hanno consentito di identificare cluster di microrganismi e di loro geni che sono caratteristici dell’invecchiamento estremo e correlati a diversi aspetti metabolici e infiammatori dei centenari, confermando così il ruolo del microbioma nel processo pato-fisiologico dell’invecchiamento e aprendo prospettive di rimodulazione di un microbioma funzionalmente compromesso mediante opportuni interventi dietetici, assunzione di fibre, prebiotici e probiotici”. Anche il microbioma, spiegano i ricercatori, invecchia. È stato infatti dimostrato che, con l’avanzare dell’età, si riduce la diversità dei microrganismi che popolano l’intestino, aumenta la colonizzazione da parte di specie opportunistiche. A causare queste modificazioni potrebbero essere alcuni cambiamenti (fisiologici o di stile di vita) tipici della terza età. La caduta o la mancanza di denti, l’alterata percezione del gusto o dell’olfatto potrebbero per esempio favorire un’alimentazione povera di fibre, che a sua volta provoca un calo della popolazione batterica in grado di estrarre questi nutrienti dai cibi. Oppure, la progressiva diminuzione dell’attività fisica potrebbe ridurre la motilità intestinale, e di conseguenza provocare una maggiore proliferazione di batteri opportunisti. Il microbioma umano – dicono gli esperti – è un vero e proprio ‘super-organismo’ composto da cellule umane e non umane, dove le cellule batteriche sono 10 volte di più delle nostre: 100 trilioni contro 10 trilioni. Quello intestinale, in particolare, si modifica in funzione della dieta, dell’attività fisica, delle medicine assunte e sempre più studi correlano la biodiversità del microbioma a stati patologici quali obesità, patologie cardiovascolari, malattie autoimmuni, depressione, patologie neurologiche, fino al processo di invecchiamento vero e proprio.