Il sistema idrico nazionale tra reti vecchie, dispersione e sanzioni Ue

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C’è ancora tanto da fare per il sistema idrico nazionale che soffre ancora di troppe criticità tra reti vecchie, investimenti bassi, un gap infrastrutturale rispetto al contesto europeo e le sanzioni dell’Ue per i ritardi nella depurazione. E’ la fotografia scattata dal Blue Book 2017 presentato oggi a Roma, promosso da Utilitalia e realizzato dalla fondazione Utilitatis con il contributo scientifico di Cassa Depositi e Prestiti.
In base all’analisi condotta su 54 gestori e una popolazione di 31 milioni di abitanti, ad emergere è che gli acquedotti sono in gran parte vecchi: il 60% delle infrastrutture è stato messo in posa oltre 30 anni fa (percentuale che sale al 70% nei grandi centri urbani); il 25% di queste supera i 50 anni (arrivando al 40% nei grandi centri urbani).
Le perdite delle reti acquedottistiche hanno percentuali differenziate: al Nord ci si attesta al 26%, al Centro al 46% e al Sud al 45%. In media il 28% dei tubi degli acquedotti è costituito da acciaio-ferro, il 24% da ghisa, il 33% da materiale plastico, il 12% da materiale cementizio; gli altri materiali sono presenti in misura residuale. Nei grandi centri urbani (con densità abitativa superiore a 600 ab./kmq), oltre il 45% delle reti è costituito da ghisa.
C’è poi il tema critico della depurazione delle acque reflue. Circa l’11% dei cittadini, infatti, non è ancora raggiunto dal servizio di depurazione, causa delle sanzioni europee comminate all’Italia colpevole di ritardi nell’applicazione delle regole sul trattamento delle acque. Il Blue Book, in particolare, fa riferimento ai tre contenziosi che la Commissione Ue ha avviato nei confronti dell’Italia, per mancati adempimenti alla direttiva 91/271/Ue: due condanne da parte della Corte di Giustizia Europea e l’avvio di una nuova procedura di infrazione.
Complessivamente, con gravità diverse e relative sanzioni differenziate, sono colpiti 931 agglomerati urbani, la maggior parte al Sud e Isole e in territori gestiti direttamente dagli enti locali e non attraverso affidamenti a gestori industriali. A fronte di tutte queste urgenze, gli investimenti programmati nel primo periodo regolatorio (2014-2017), si attestano su un valore medio nazionale di circa 32 euro per abitante all’anno.
Se ai 32 euro programmati sulla base delle tariffe si aggiunge la quota di contributi e fondi pubblici, si può arrivare a 41 euro/abitante/anno, dato ben lontano dagli 80 euro per abitante che sarebbero necessari a coprire un fabbisogno totale di investimenti stimato in circa 5 miliardi all’anno. Dato ancor più grave se si pensa che al sud le disponibilità si dimezzano a fronte di una concentrazione di sanzioni e di ritardi per la depurazione.
Su cosa si potrebbero reggere gli investimenti necessari? Secondo l’analisi contenuta nel Blue Book, non certo sull’intervento pubblico, considerando lo stato delle finanze italiane, ma sulle politiche tariffarie “full cost recovery” applicate in tutta Europa. Sul fronte tariffario, peraltro, l’Italia resta ancora uno dei Paesi con livelli tariffari più bassi.
Nei confronti internazionali riportati nel Blue Book, lo stesso metro cubo di acqua che a Berlino costa 6,03 dollari, ad Oslo 5,06 dollari, a Parigi 3,91 e a Londra 3,66 dollari, a Roma si paga soltanto 1 dollaro e 35 centesimi. Nel livello tariffario idrico l’Italia è seconda soltanto ad Atene e a Mosca.
Ancora troppo elevato, infine, il numero delle gestioni in economia. Nonostante le aggregazioni e la razionalizzazione avviata fin dagli anni ’90, oltre 10,5 milioni di abitanti sono serviti da 2.098 gestioni in economia. Il che significa che ciascuno supera di poco i 4.700 abitanti serviti, con evidenti ripercussioni in termini di economie di scala e capacità di investimenti e di programmazione.
Difficile, senza una gestione di tipo industriale e dimensioni adeguate, verificare fenomeni di abusivismo e morosità e adottare misure di tutela delle fasce deboli della popolazione.
Dall’analisi della spesa delle famiglie (tema a cui è dedicato il capitolo 10 del Blue Book), che ha interessato 58 bacini tariffari e 34 milioni di abitanti, emerge che oltre il 70% dei cittadini del panel può beneficiare di tariffe agevolate per i consumi entro i 100 mc. (AdnKronos)

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