La Gran Bretagna in Europa, in campo spaziale, “esce dalla porta ma rientra dalla finestra“, dato che “dopo Brexit sta investendo ora di più nell’Agenzia spaziale europea, dove mettendo risorse si può garantire maggiore ritorno“, con l’Esa che “dovrebbe essere l’immagine europea della politica spaziale e non solo un bancomat dova si vanno a ritirare i soldi“. E’quanto dichiarato dal presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston, di fronte alla commissione attività produttive della Camera, nell’ambito dell’esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla Strategia spaziale per l’Europa. Per Battiston la scelta della Gran Bretagna dimostra comunque come sia proprio nell’Esa che “politica e Spazio si toccano in maniera molto forte“, con l’Italia terzo contributore dietro a Germania e Francia e subito davanti alla Gran Bretagna.
Sono 22 gli stati membri dell’Esa, ma non tutti i paesi membri dell’Unione Europea sono membri dell’Esa e non tutti gli stati membri dell’Esa fanno parte dell’Unione Europea. L’Esa è un’organizzazione interamente indipendente anche se mantiene stretti legami con la Ue in base all’Accordo Quadro ESA/CE. Le due organizzazioni condividono una strategia spaziale congiunta e stanno sviluppando la politica spaziale europea secondo una visione assolutamente unitaria. Un percorso descritto dalla Commissione europea nel documento “Space Strategy for Europe“: “L’Italia lavora a strettissimo contatto con Esa – ha proseguito Battiston – ma ha anche programmi nazionali importanti, per essere guida e non trainata“. In quest’ottica “il Cipe a dicembre scorso ha dato via libera al piano stralcio Space Economy, per movimentare circa 1,1 miliardi di euro coinvolgendo anche per il 40% del volume economico il settore privato, un risultato importante arrivato anche per il lavoro svolto dalla cabina di regia di Palazzo Chigi”.