Spazio: campo e controcampo per 67P, un ausilio per Rosetta

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Anche nello spazio l’unione fa la forza. Mentre la sonda dell’ESA Rosetta inseguiva e studiava da vicino la ‘sua’ cometa durante la sua fase di massima attività successiva al perielio del 13 agosto 2015, un altro satellite si godeva la scena a distanza, riuscendo ad osservare l’intera chioma di idrogeno di 67P/Churyumov-Gerasimenko e misurando il tasso assoluto di dissipazione acquea della cometa.

Stiamo parlando – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – del microsatellite PROCYON, un cubo da 60 cm per lato, pesante meno di 65 Kg, sviluppato dall’Università di Tokio e dalla JAXA, spedito in orbita nel 2014 come payload secondario della sonda Hayabusa-2 e posizionato su di un’orbita eliocentrica.

Nel settembre 2015, su input di un team di astronomi del National Astronomical Observatory del Giappone, delle Università del Michigan, di Kyoto Sangyo, di Rikkyo e di Tokyo, la micro sonda PROCYON, in assoluto la più piccola dedicata allo studio dello spazio profondo, ha puntato il telescopio di bordo LAICA in direzione di 67P/C-G, realizzando una sorta di ‘immagine panoramica di controcampo’ della cometa e della sua chioma.

Rosetta, accompagnando 67P nel suo giro intorno al Sole, si trovava molto vicina alla cometa e parzialmente ‘immersa’ nelle sue copiose emissioni. Era quindi impossibilitata a catturare uno sguardo d’insieme della struttura della chioma.

“Abbiamo effettuato mappature di tutta la chioma di idrogeno della cometa e derivato i tassi di produzione assoluta dell’acqua subito dopo il perielio”, spiega il team autore della ricerca. “Sulla base dei nostri risultati, abbiamo potuto testare i modelli di chioma della cometa. In combinazione con i dati di Rosetta quali, ad esempio, i tassi di produzione di acqua a diverse distanze dal Sole e la sua composizione chimica, si potrebbe stimare con precisione la massa totale espulsa della cometa durante il passaggio del 2015”.

La campagna di osservazione, i cui risultati sono stati pubblicati il 24 gennaio su The Astronomical Journal, non faceva parte degli obiettivi originari della missione giapponese, pensata per lo studio della geocorona.

Si è trattato del primo caso in cui un microsatellite a basso costo ha lavorato a supporto di una grande missione, fornendo informazioni supplementari utili ad integrare un già dettagliato quadro scientifico. ”Ci auguriamo – aggiungono i ricercatori – che questo risultato possa essere preso ad esempio per le future micro osservazioni spaziali a sostegno di grandi missioni.

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