Il 13 gennaio del 1915, un fortissimo terremoto con epicentro nella Piana del Fucino, in Abruzzo, sconvolgeva l’Italia centrale. Il sisma – ricordato come “terremoto della Marsica” o “terremoto di Avezzano” – avvenne poco prima delle 7 di mattina ed ebbe una magnitudo momento Mw 7.0, il che lo colloca fra i più forti eventi sismici della storia d’Italia e d’Europa.
Le vittime del terremoto furono oltre 30.000. Soltanto sei anni prima c’era stato il terremoto di Reggio Calabria e Messina, che aveva causato oltre 100.000 vittime.
Il terremoto devastò i centri abitati della Piana del Fucino, un altopiano carsico situato nella Marsica – oggi in provincia de L’Aquila – dove fino alla fine dell’800 era presente un lago, poi prosciugato per rendere la piana una fertile zona agricola.
La città di Avezzano venne praticamente rasa al suolo, e scomparve l’80% della sua popolazione: l’intensità qui raggiunse l’XI grado della scala MCS (devastazione totale). Totalmente distrutte furono anche Gioia de Marsi, Cappelle, San Benedetto dei Marsi. Ma danni pesantissimi non si ebbero solo nella Piana del Fucino bensì anche nella Val Roveto (la valle percorsa dal fiume Liri che separa l’Abruzzo dal Lazio), e in moltissime località del Centro Italia, in Abruzzo, Lazio, Molise, Marche, Umbria e alcune località del Casertano, in Campania.Basta osservare la mappa delle intensità macrosismiche registrate in Centro Italia, sul database dell’INGV, per avere un’idea dell’impatto del sisma.
Ci furono danni anche a Roma, dove si raggiunse un’intensità del VI-VII grado MCS e ci furono crolli: dovrebbe far riflettere il fatto che la scossa investì la città in una fase in cui ancora non esistevano i quartieri periferici fuori le mura, che oggi si estendono per diversi chilometri verso est.
Il terremoto venne avvertito in quasi tutta l’Italia ed ebbe un impatto sociale devastante sull’Abruzzo e sulle zone appenniniche del Centro Italia, da dove partì una massiccia emigrazione verso le aree di pianura e le città.