Animali di allevamento sempre più stressati nelle aree sismiche, tanto che, a causa dell oltre 49mila scosse registrate nei cinque mesi di continui eventi sismici, gli animali sono costretti a vivere in molti casi all’aperto, a causa del crollo delle stalle e le mucche hanno ridotto di almeno il 30% la produzione di latte. A delineare il quadro è un monitoraggio diffuso oggi dalla Coldiretti sugli effetti del sisma nelle campagne dell’Appennino centrale. Per la Confederazione degli imprenditori agricoli la decisione di far fronte alle perdite di reddito provocate dal terremoto agli allevatori con un sostegno per animale allevato stabilito in 400 euro a capo bovino e 60 euro per ogni pecora posseduta prima del sisma è “un intervento importante”, ma gli aiuti, previsti anche per il settore suinicolo e per quello equino, e stabiliti grazie al via libera dell’Unione Europea sulla proposta del Ministero delle Politiche Agricole devono “essere attuati in tempi brevi”. Coldiretti chiede anche “procedure semplici e senza costi per le imprese costrette già a fare in conti con i ritardi accumulati a livello regionale nel garantire ricoveri alle persone e agli animali con le difficoltà accresciute dal maltempo”. A 5 mesi dalle prime scosse di terremoto, rileva la confederazione degli imprenditori agricoli, “sono state montate solo 77 delle 635 stalle mobili previste, appena il 12 per cento, con la percentuale di realizzazione che pero’ scende addirittura nelle Marche allo 0,5 per cento delle strutture completate”. Il drammatico bilancio tracciato dalla Coldiretti riguarda le campagne delle aree colpite dal sisma iniziato il 24 agosto scorso che ha devastato i territori di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove sono peraltro aumentate le esigenze con gli ultimi crolli. “Un inaccettabile ritardo che ha fatto salire a più di mille il conto degli animali morti, feriti e abortiti nelle zone terremotate, con gli allevatori -sottolinea l’associazione- che non sanno ancora dove ricoverare mucche, maiali e pecore, costretti al freddo, con il rischio di ammalarsi e morire, o nelle strutture pericolanti che stanno cedendo sotto il peso della neve e delle nuove scosse”. Complessivamente sono circa tremila, secondo la Coldiretti, le aziende agricole e le stalle sepolte dalla neve nelle aree del Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpite dal terremoto, con centomila animali allevati, che alimentano un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali, ricorda la Coldiretti, “si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo conservate da secoli, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito, dallo zafferano al tartufo, dal ciauscolo al prosciutto di Norcia Igp ma anche il pecorino di Farindola il pecorino canestrato di Castel Del Monte”. Prodotti che, nell’insieme, “rappresentano un patrimonio culturale del Paese, oltre che economico ed occupazionale”. Sotto il coordinamento di una apposita task force sono state avviate dalla Coldiretti numerose iniziative assieme all’Associazione Italiana Allevatori e ai Consorzi Agrari che hanno consentito anche la consegna di mangiatoie, mangimi, fieno, carrelli per la mungitura, refrigeratori e generatori di corrente oltre a roulotte, camper e moduli abitativi. Ma non solo. E’ partita anche l’operazione “adotta una mucca” per dare ospitalità a pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, “dona un ballone” di fieno per garantirne l’alimentazione e la “caciotta della solidarietà” realizzata con il latte degli allevatori terremotati e degli altri prodotti in vendita nei mercati di Campagna Amica, “per garantire uno sbocco di mercato dopo lo spopolamento forzato dei centri urbani colpiti dal sisma” aggiunge ancora la Coldiretti.