“I cuori sono feriti. Oggi ‘ricostruire i cuori’ che non è domani sarà meglio non è ottimismo non c’è posto per ottimismo qui, sì per la speranza ma non per l’ottimismo. L’ottimismo è un atteggiamento che non ha sostanza, oggi serve la speranza per ricostruire”. Così Papa Francesco parlando all’udienza alle popolazioni colpite dal Terremoto nel Lazio, nelle Marche, in Umbria e in Abruzzo, ricordando alcune parole pronunciate negli interventi che lo hanno preceduto, tra cui quello di un parroco di Norcia, don Luciano Avenati.
“Ho voluto prendere le vostre parole per farle mie perché nella vostra situazione il peggio che si può fare è fare un sermone. Meglio prendere quello che dice il vostro cuore, farlo proprio e riflettere con voi”. “Voi sapete che vi sono vicino, quando mi sono accorto di quello che era accaduto, quando quella mattina appena sveglio ho trovato un biglietto dove si parlava delle due scosse – racconta il pontefice – Due cose ho sentito: ci devo andare, e poi ho sentito dolore, molto. Con questo dolore sono andato a celebrare la messa”. Bergoglio ha ringraziato le popolazioni colpite dal Terremoto “per tutto quello che avete fatto per aiutarci a ricostruire i cuori, le case, il tessuto sociale e anche per ricostruire con il vostro esempio l’egoismo dei nostri cuori, di noi che non abbiamo avuto questa sofferenza”.
“Una parola che è stata usata come un ritornello è ricostruire. Ricostruire i cuori ancor prima delle case”. “Il vostro è un dolore grande, ricostruire col dolore. Le ferite del cuore ci sono – continua il pontefice – ma per ricostruire ci vogliono il cuore e le mani, le mani di tutti, quelle di Dio con cui artigiano ha fatto il mondo, le mani che guariscono. A me piace benedire le mani ai medici, perché servono per guarire, le mani dei vigili del fuoco”.
“Un’altra frase che ha detto Raffaele è ‘oggi la nostra vita non è la stessa, è vero, siamo salvi, ma abbiamo perso’. Le ferite guariranno ma la vita avrà una cicatrice in più, non sarà la stessa di prima. C’è la fortuna di essere usciti vivi, ma non è lo stesso di prima”. Il Papa ha invitato le popolazioni a “ricominciare” ma non senza avere “la capacità di sognare, sognare e riprendersi”.
“Io sono orgoglioso dei parroci che non hanno lasciato la casa, è bello avere pastori che quando vedono il lupo non fuggono”. “Abbiamo perso – ha aggiunto – ma siamo diventati una grande famiglia in altro modo”.