Le galassie: gruppi di stelle di vastissime dimensioni, orbitanti attorno ad un comune centro di massa, legate dalla reciproca forza di gravità e circondate da una fitta trama di gas che le mette in comunicazioni con altri oggetti simili. Di esse sappiamo che si muovono ed evolvono.
Ma come? E come si comporta la ragnatela di gas che le cinge?
Una risposta – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – potrà fornirla il Keck Cosmic Web Imager o KCWI, lo strumento progettato e realizzato dalla Caltech, incaricato di realizzare un “ritratto” dettagliatissimo di astri e galassie per raccogliere dati spettrali che forniscano informazioni sulla loro composizione, velocità e massa.
KCWI – grande quanto un camion di gelati, del peso di 4.000 chilogrammi – è stato pensato per essere installato su uno dei gemelli Keck, il primo della coppia di osservatori astronomici situati nelle isole Hawaii. Per raggiungere l’obiettivo, lo strumento è stato spedito lo scorso 12 gennaio da Los Angeles ed è in marcia verso il 50esimo Stato federale degli USA: una volta associato a Keck, KCWI sarà in grado di mappare il gas che fluisce attraverso il mezzo intergalattico, raccogliendo dati sui processi di formazione di stelle e galassie nell’Universo primordiale.
Il team di ricerca che ha progettato lo strumento, ha dato priorità allo studio del “network” di gas che collega le galassie: recentemente gli scienziati hanno trovato prove a supporto del “modello di flusso freddo“, secondo il quale il flusso di gas che permea il mezzo intergalattico si incanala verso il cuore delle galassie, dove si condensa accendendo nuovi astri.
Gli autori inoltre, con il supporto del Palomar Cosmic Web Imager, hanno individuato questi filamenti di gas disposti ad anello (una struttura circolare che avevano già predetto attraverso la simulazione a computer e di cui nel 2015 hanno avuto evidenza) guardando il cielo alla distanza di 10/12 miliardi di anni luce.
Grazie all’occhio aguzzo del KCWI, in grado di elaborare immagini in cui ogni pixel fornisce informazioni su ogni lunghezza d’onda nello spettro della luce visibile, sarà possibile superare le prestazioni del Palomar Cosmic Web Imager, aprendo una finestra ad alta definizione sulle “ragnatele” cosmiche dell’Universo remoto.