Fluttuazioni nell’Universo primordiale risalenti a poche frazioni di secondo dopo il Big Bang emettono onde gravitazionali che portano preziose informazioni sulle origini del Cosmo. Gli scienziati non hanno ancora captato queste increspature primigenie dello spazio-tempo, l’astronomia gravitazionale è ancora una scienza bambina.
Ma, a un anno dalla scoperta delle onde previste un secolo fa da Einstein, hanno per la prima volta calcolato, in uno studio teorico pubblicato su Physical Review Letters, le caratteristiche di queste onde primordiali.
Lo studio – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – è stato condotto da un team di fisici teorici svizzeri dell’Università di Basilea, che ha ricostruito frequenza e intensità del segnale di onde gravitazionali emesse in specifiche regioni dello spazio-tempo nel periodo dell’inflazione cosmologica, avvenuta intorno a 10-35 secondi dopo il Big Bang.
L’inflazione è un modello proposto nel 1982 da Alan Guth, che descrive una fase di espansione quasi esponenziale dell’Universo primordiale. In base a questo modello, il raggio dell’Universo sarebbe aumentato in frazioni di secondo di un fattore enorme, tra 1025 e 1030 (miliardi di miliardi di miliardi di volte).
A un anno esatto dall’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali, minuscole increspature della geometria dello spazio-tempo, gli scienziati stanno migliorando la sensibilità degli interferometri, le speciali orecchie adoperate per ascoltare questi bisbigli cosmici.
La speranza è di poter riuscire un giorno a captare anche le onde gravitazionali primordiali, ancora più sfuggenti e deboli di quelle catturate dai due rivelatori LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) nel settembre 2015, e generate dalla fusione di due buchi neri di una trentina di masse solari.
“Grazie alle onde gravitazionali primordiali – conclude Stefan Antusch, a capo del team svizzero -, potremmo guardare nel passato dell’Universo, come mai abbiamo fatto prima”.