Astronomia gravitazionale: rivelatori per onde 3.0

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Un anno fa, l’11 febbraio 2016,  l’annuncio che ha elettrizzato la comunità scientifica internazionale: la prima osservazione diretta, a 100 anni dalla predizione teorica di Albert Einstein, delle onde che scuotono e increspano il tessuto elastico dello spazio-tempo: le onde gravitazionali.

Generate dall’abbraccio fatale tra due buchi neri di alcune decine di masse solari che spiraleggiano fino a diventare una cosa sola, queste perturbazioni della trama del Cosmo hanno aperto una nuova finestra sull’Universo, segnando l’alba della cosiddetta astronomia gravitazionale. Da quella data – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – gli scienziati possono contare su un nuovo messaggero per studiare il Cosmo.

Già all’indomani dell’annuncio, gli scienziati delle Collaborazioni advanced LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) e advanced VIRGO protagonisti della scoperta del secolo, come è stata definita dai media di tutto il mondo – si sono messi all’opera per migliorare la sensibilità degli apparati sperimentali, gli interferometri, orecchie sensibili a ogni minimo sussurro generato dalle onde. Adesso, come illustrato in due studi pubblicati su Optics Letters, sembrano aver trovato una strada per ottenere questo risultato.

L’obiettivo è far sì che l’ascolto delle onde gravitazionali diventi un’operazione quasi di routine, dopo la prima volta datata 14 settembre 2015. Per raggiungerlo, gli scienziati provano a migliorare l’udito degli interferometri, attraverso una maggiore stabilità dei laser, e una riduzione del rumore di fondo che potrebbe nascondere il brusìo dello spazio-tempo rappresentato dalle onde.

“Abbiamo fatto significativi progressi per aumentare la sensibilità dei rivelatori per onde gravitazionali di cosiddetta terza generazione, come l’Einstein Telescope (ET), che dovrebbe essere dieci volte più sensibile – sottolinea Benno Willke, del Max Planck Institute for Gravitational Physics (Albert Einstein Institute), tra i firmatari delle ricerche -. Il progetto europeo dell’ET non è stato ancora fissato, per cui stiamo sperimentando varie soluzioni. Laser più stabili, ad esempio, renderebbero gli interferometri più sensibili a onde gravitazionali più deboli, e provenienti da fonti più distanti. In questo modo – conclude lo studioso -, potremmo migliorare le nostre conoscenze su eventi astrofisici che coinvolgono buchi neri e stelle di neutroni”.

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