Anche quest’anno per l’Islanda l’inverno 2017 si annovera come uno dei più miti degli ultimi anni. Tanto che a parte dei brevi periodi di freddo, con temperature scese sotto le medie, tra il mese di gennaio e febbraio, mentre gran parte dell’Europa faceva i conti con freddo intenso e nevicate, l’Islanda veniva interessata da una pesantissima anomalia termica positiva che è andata avanti per intere settimane, senza alcuna sosta. La particolare congiuntura meteo/climatica che si è instaurata sul vecchio continente e sul comparto russo ha difatti agevolato la strutturazione di un solido ponte anticiclonico che dal vicino Atlantico si è spinto verso i paesi dell’Europa centro-settentrionale, la Scandinavia e la Russia europea, lì dove agisce l’imponente anticiclone termico russo-siberiano (il cosiddetto “Orso”), con massimi di pressione che hanno toccato i 1055-1060 hpa al suolo (valore notevolissimo).
La costruzione di questo poderoso blocco anticiclonico, spesso figlio della congiunzione fra l’alta dinamica delle Azzorre con il robusto anticiclone termico “russo-siberiano”, ha favorito l’avvento di vari blocchi di aria gelida che dalle latitudini artiche e dalle pianure sarmatiche, si sono mossi fino al cuore del vecchio continente, riuscendo ad invadere persino il Mediterraneo (nevicate molto abbondanti hanno interessato l’Appennino, i rilievi balcanici e i Carpazi) e parte del nord-africa, con nevicate abbondanti tra Algeria, Tunisia. Oltre a far tracimare le masse d’aria gelide (sia di origini russe che artiche) sull’Europa l’imponente anticiclone di blocco, che si è sviluppato in quelle settimane sul continente, ha anche determinato una brusca interruzione del flusso umido perturbato atlantico, proveniente dal Canada e dal nord degli USA.
Infatti le “westerlies”, in uscita dal continente nord-americano, una volta giunte sopra l’Atlantico sono andate ad impattare con i margini più occidentali della possente struttura anticiclonica insistente sul comprensorio europeo. Proprio qui gli impetuosi venti occidentali, trovandosi la strada sbarrata dal grande anticiclone di blocco, sono stati costretti a ripiegare verso nord-est e nord, bordando il fianco occidentale dell’anticiclone oceanico che con i suoi elementi si è elongato fin sul mar di Norvegia. Ciò ha attivato impetuosi flussi di correnti molto miti e umide (aria di origini sub-tropicali oceaniche), da SO e Sud, che dal medio-alto Atlantico sono state “dirottate” fino alle latitudini artiche, in particolare l’Artico norvegese, a nord della penisola Scandinava (davanti Capo Nord), dove si sono scatenate delle autentiche tempeste.
Le burrascose e persistenti correnti sud-occidentali hanno così imperversato, per giorni e giorni, anche sull’Islanda, dove il flusso umido meridionale ha provocato un brusco aumento della colonnina di mercurio su valori largamente positivi nel pieno della stagione invernale. Tanto da far fondere rapidamente quella poco neve presente al suolo. In qualche caso, come sulle coste settentrionali islandesi, il notevole aumento dei valori termici è stato ulteriormente enfatizzato anche dall’effetto favonico prodotto dai venti da S-SO e SO in discesa dai rilievi dell’entroterra montuoso. La notevole “compressione adiabatica” esercitata ha contribuito a far sbalzare le temperature su valori di +18/+19°C, praticamente valori da piena estate. Come è il caso di Skjaldthingsstadir, dove si sono raggiunti i +15,8°C, o Dalatangi, dove la massima di ieri ha sfondato la soglia dei +13°C.