Farmaci, super anti epatite C: il caso dei numeri e i nuovi scenari

MeteoWeb

“Oggi si sta esaurendo la popolazione di malati di epatite C più gravi da trattare con le super cure. Molti centri hanno già terminato tutta la loro quota di pazienti storici”. A spiegarlo sono gli specialisti italiani che in questi giorni a Seattle stanno partecipando al Croi 2017, la conferenza internazionale sui retrovirus e le infezioni opportunistiche. Ma l’associazione Epac onlus, con il suo presidente Ivan Gardini, lo aveva già evidenziato: nella settimana dal 31 gennaio al 6 febbraio, secondo i dati Aifa, erano stati solo 160 i pazienti messi in terapia, su 335 centri autorizzati. E il dato è in calo da tempo. Certo, altri malati potrebbero sfuggire ai centri autorizzati perché in carico ad altre strutture o perché fanno riferimento solo ai loro medici di famiglia. “E poi c’è il sommerso e il grosso problema delle carceri dove sono tanti i detenuti con epatite C”, fa notare Giovanni Di Perri, direttore del Reparto di malattie infettive a direzione universitaria del Comprensorio ospedaliero Amedeo di Savoia di Torino. Dal territorio però, per gli esperti dei centri autorizzati presenti al meeting di Seattle, “il flusso di pazienti in arrivo non dovrebbe essere preoccupante”. Quello che allarma i rappresentanti dei malati è che nel frattempo ci sono almeno 100 mila pazienti – se non di più – che, per via dei criteri di priorità individuati dall’Aifa, sono bloccati o in attesa di accedere alle super cure, nonostante i fondi stanziati. E più passa il tempo, più aumenta il numero di quelli che vanno all’estero a procurarsi i generici o li comprano online. “Nella partita dell’epatite C l’incognita dei numeri, che c’è sempre stata visto che non abbiamo statistiche precise sui malati, sta avendo un peso non da poco”, sottolinea Giuliano Rizzardini, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. E lo avrà anche sulla possibile decisione dell’Aifa di rivedere i criteri di accesso alle super cure. “Si stanno valutando degli scenari – conferma Rizzardini – e il grimaldello dei pazienti che vanno all’estero spinge”. La sensazione, dicono gli specialisti, “è che in primavera possa arrivare una decisione”. Nell’ottica di un’eradicazione della malattia, “vanno trattati tutti – riflettono gli esperti – anche per non far circolare il virus. Ma c’è il sommerso da considerare e una politica ‘testa e tratta’ è difficile se non impossibile”. In questi due anni, riepiloga Rizzardini, “si è giocata una partita complicata. La strategia negoziale ‘prezzo/volumi’ messa in campo da Aifa ha avuto un senso. Si è andati avanti trattando per blocchi di pazienti prezzi progressivamente sempre più bassi. Ora le possibilità sono due”, spiega lo specialista. “Ci sono stati diversi tavoli tecnici. Una strada potrebbe essere abbassare i criteri di gravità (il valore soglia della fibrosi epatica con cui si distinguono i pazienti più gravi dai meno gravi) e lasciare ancora fuori dalle super cure pazienti che potrebbero fuggire all’estero, oppure dire ‘trattiamo tutti e diamo ai medici il compito di stabilire l’ordine con cui farlo'”. Ma il sistema attuale dei centri autorizzati reggerebbe? Al momento, secondo Epac onlus, la capacità massima potrebbe essere quella di mille terapie settimanali o poco meno. “Ma il ritmo con cui si smaltiscono i pazienti da trattare potrebbe accelerare con l’arrivo dei farmaci ‘next generation’ che lasciano prevedere terapie più brevi – fanno notare gli esperti – Se si allargano le maglie, però presumibilmente sarà necessario anche allargare il numero di centri autorizzati in alcune aree”. Sicuramente, conclude Giovanni Battista Gaeta, professore ordinario di malattie infettive alla Seconda università degli studi di Napoli, “la stima totale degli italiani infetti va ridimensionata rispetto ai dati diffusi in passato, quando si arrivò a ipotizzare la presenza anche di 2 milioni con epatite C”.

Condividi