Giorno del ricordo, le foibe: perché c’è ancora chi le nega e i libri di scuola ne parlano superficialmente?

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Le foibe sono concretamente delle cavità naturali presenti sul Carso. Il nome deriva da un termine dialettale giuliano, che a sua volta deriva dal latino fovea, ovvero fossa o cava. Furono due i momenti in cui, durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, le foibe divennero teatro di vere e proprie esecuzioni di massa, quando i partigiani comunisti del maresciallo Tito vi gettarono migliaia di persone, colpevoli ai loro occhi di un grave reato: essere italiani, fascisti e contrari al regime comunista. La crudeltà con la quale queste uccisioni avvenivano è paragonabile soltanto allo scempio perpetrato dai nazisti sugli ebrei e su tutte le vittime dei campi di sterminio. I condannati a morte venivano legati l’uno all’altro con un lungo fil di ferro stretto intorno ai polsi. Una volta schierati sugli argini delle foibe, veniva aperto il fuoco su di loro: i colpi partiti dai mitra li trapassavano da parte a parte. Ma, particolare ancora più duro e macabro, non si sparava su tutto il gruppo, bensì soltanto sui primi tre o quattro della catena; questi, precipitando ormai senza vita nelle foibe, trascinavano con sé gli altri condannati ai quali erano stati legati. Il risultato era che alcuni sopravvivevano per giorni, tra atroci sofferenze e con accanto i cadaveri degli altri sventurati.

foibe2L’eccidio della foibe ebbe modo di ripetersi per ben due volte, con dinamiche e modalità diverse: dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando riguardò principalmente l’Istria, e poi di nuovo con la presa di potere da parte dei partigiani e dell’Esercito Popolare Jugoslavo nel maggio del 1945. Nel ’43 in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono dei fascisti che tra il primo e il secondo conflitto mondiale avevano dominato in questi territori con estrema durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e sottomettendo le popolazioni slave locali. Dopo il crollo del regime, i buoni diventarono cattivi, e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo: dovevano quindi essere prima torturati e poi gettati nelle foibe. In questa prima fase morirono circa mille persone.

fiobeMa fu con la primavera del 1945 che la violenza delle foibe raggiunse il proprio apice: verso la fine della Guerra l’esercito jugoslavo occupò Trieste, riconquistando i territori che dopo il primo conflitto mondiale erano stati negati alla Jugoslavia. In soli due mesi migliaia di italiani che risiedevano tra Istria, Fiume e Dalmazia furono costretti a lasciare la loro terra. E questi furono i più fortunati. Altri vennero barbaramente uccisi dai partigiani di Tito, con due tecniche di sterminio crudeli e disumane: o venivano gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Carabinieri, poliziotti e guardie di finanza furono tra i primi ad essere infoibati. E la stessa fine fecero anche normali cittadini (a volte scelti dagli assassini comunisti per motivi personali) o anche i partigiani che non accettavano l’invasione jugoslava.

esule fiobeAncora oggi non si sa con precisione quante furono le vittime delle foibe: alcune fonti parlano di quattro o seimila mila morti; altre di diecimila; altre ancora calcola il numero totale di vittime in 20mila persone. Averne un’idea certa è impossibile a causa del fatto che nell’immediato dopoguerra il caos regnò sovrano, e soprattutto perché la paura che il Fascismo potesse tornare fece sì che questi scempi perpetrati dalla parte politica opposta, fossero insabbiati e lasciati cadere nel dimenticatoio; il tutto giustificato da un sentimento anti-fascista che in alcuni casi divenne però odio e violenza esattamente come quelli messi in atto dalle camicie nere. La crudeltà delle foibe ebbe termine con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947. Gli esuli emigrarono in varie parti del mondo: Sud America, Australia, Canada, Stati Uniti. Ma molti si stabilirono nel nord Italia.

giorno del ricordoSolo nel 2004 il Parlamento italiano approvò la «legge Menia» con la quale si istituiva il Giorno del Ricordo da celebrarsi appunto il 10 febbraio. Ma per anni i libri di scuola non hanno fatto riferimento a questi terribili fatti e ancora oggi i negazionisti sono numerosi. Si tende a minimizzare quanto accaduto, come se tutto si possa giustificare con una sorta di giusta vendetta fai-da-te. Ma gli innocenti e i bambini vittima delle foibe furono innumerevoli e non c’è giustificazione che tenga. La politica italiana seguita alla Seconda guerra mondiale è stata sempre tesa ad evitare il ripetersi delle dinamiche che hanno portato il Fascismo al potere, ma così facendo si è giunto ad un altro estremismo: si è chiuso un occhio, o anche due, su tutto ciò che di altrettanto crudele veniva messo in atto dai comunisti, ai quali si cercò per anni di affibbiare l’etichetta di ‘tutti buoni, tutti bravi e tutti eroi salva-patria’. Eliminare le foibe dai libri di scuola è stato possibile solo per alcuni decenni, fortunatamente, ma ancora oggi lo spazio ad esse dedicato è nettamente inferiore a quello dedicato agli altrettanto crudeli campi di sterminio nazisti.

Fare di tutta un’erba un fascio è sbagliato, sempre e comunque. Come è sbagliato far credere che ci sia una parte buona e una cattiva; che ci sia chi ha ragioni valide per uccidere e chi no; che ci sia differenza tra chi uccide prima e chi dopo. Gli estremismi sono sempre dannosi e potenzialmente pericolosi. E la politica dell’insabbiamento è utile solo a far sì che la storia si ripeta, anche quando si tratta di quella sbagliata. Campi di sterminio e foibe sono solo due delle centinaia di espressioni della crudeltà umana: non basterebbero 365 giorni per ricordare tutte le occasioni, dalla notte dei tempi, in cui degli uomini hanno sterminato “in serie” altri uomini. Nascondere per ragioni politiche serve solo a far ricadere i popoli negli stessi errori. La vendetta, anche quella che sembra più giustificata, non porta altro che nuove vittime innocenti.

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