“Malattia dominante del rene policistico, distrofia miotonica, fibrosi cistica, malattia di Charcot-Marie-Tooth, Còrea di Huntington: sono queste le 5 malattie rare più cercate dai pazienti che si rivolgono a un centro Ivi. Si stima che rappresentino il 42,2% delle malattie rare su cui si indaga attraverso la diagnosi preimpianto”. Antonio Pellicer, presidente dell’Istituto valenciano di infertilità (Ivi) e co-direttore di Fertility and Sterility, fa il punto sulla diagnosi genetica preimpianto nella riproduzione assistita, in vista della Giornata mondiale sulle malattie rare che si celebra domani 28 febbraio. “Nel 2016 – spiega – tra coloro che hanno indagato sulle malattie rare presso i nostri centri abbiamo registrato un tasso di gravidanza pari al 56,92% e ad oggi sono più di 200 i bambini nati da pazienti che si sono rivolti a un centro Ivi per una diagnosi di preimpianto su una malattia rara”. L’Istituto ricorda che le patologie rare sono più di 6 mila, l’80% delle quali di origine genetica. Di queste, solo 583 sono ufficialmente riconosciute in Italia, dove colpiscono più di 670 mila persone. Nella fecondazione assistita il test per la diagnosi genetica preimpianto viene richiesto da pazienti “che hanno già avuto un bambino o che hanno un membro della famiglia affetto da una malattia e sanno di essere portatori – afferma Daniela Galliano, direttrice del Centro Ivi di Roma – La malattia è identificata nella famiglia e chi è interessato sa che c’è il rischio che un bambino la erediti”. Il test, sottolinea Galliano, “ha un duplice vantaggio: da una parte il figlio non erediterà la malattia e interromperà la catena di malattie genetiche, dall’altro la malattia non farà mai più la propria comparsa nelle future generazioni”. E oggi per le malattie rare c’è un vantaggio applicabile a tutte le coppie: “Dato che le gravidanze sono programmate – aggiunge Galliano – le cliniche Ivi, tra le prime a farlo in Spagna, offrono la possibilità di usufruire di un test per sapere se si è o meno portatori di malattie genetiche. Il test di compatibilità genetica (Tcg) è volontario e viene proposto a tutte le coppie, anche se non hanno una malattia conosciuta, perché sappiamo che un rischio c’è sempre. E’ questo il modo di fare una prevenzione primaria”. “La Società europea di ginecologia e ostetricia raccomanda la visita pre-concezionale a tutte le coppie anche se in pochi lo fanno – conclude Pellicer – e una vista dal ginecologo e dal consulente genetico quando la coppia stessa decide di avere un figlio, per evitare il rischio di trasmissione di malattie genetiche. Tutti noi siamo portatori di 4-5 mutazioni recessive, che a priori non producono alcun problema, ma se la coppia ha mutazioni dello stesso gene è quello il momento in cui la malattia può fare la propria comparsa nel bambino”.