Medicina: presente e futuro dell’ECMO, simposio alla Clinica Mediterranea

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Intervenire su un paziente ‘a cuore fermo’, senza interrompere l’ossigenazione del sangue. Una tecnica salvavita applicata grazie all’Ecmo, l’Extracorporeal Membrane Oxygenation, trattamento di supporto vitale che permette la circolazione extracorporea in condizioni cliniche gravi come insufficienze cardiache e respiratorie. Grazie a questa sorta di ‘polmone artificiale’ le funzioni di cuore e polmoni possono essere affidate temporaneamente a una macchina esterna, per consentire ai sanitari di intervenire tempestivamente. Innovazioni e prospettive future del trattamento sono stati protagonisti di uno dei simposi organizzati a Napoli dal Centro cuore della Clinica Mediterranea, struttura ospedaliera di alta specialità. ‘Ecmo: Temporary Circulatory Support’ è il titolo dell’evento, “un importante incontro di aggiornamento professionale rivolto ad anestesisti rianimatori, cardiologi, cardiochirurghi, perfusionisti, infermieri delle unità intensive e a tutti gli specialisti coinvolti nel trattamento dei pazienti con insufficienze cardiache e respiratorie”, spiegano i promotori in una nota. Negli anni ’50 – ricordano – veniva utilizzata per la prima volta una tecnica di circolazione extracorporea con ossigenazione artificiale durante un intervento a cuore aperto. Circa 20 anni dopo l’Ecmo inizia a essere utilizzato anche per problemi respiratori, e successivamente anche in patologie neonatali, in bambini nati con gravi insufficienze polmonari o cardiache. “Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad importanti evoluzioni del trattamento – afferma il professor Luigi Chiariello, direttore del Centro cuore della Clinica Mediterranea – Sono sempre più numerosi i casi clinici nei quali è previsto il trattamento con Ecmo: non più solo in condizioni di grave emergenza, ma sempre più spesso anche in casi in cui l’Ecmo è utilizzato più tempestivamente per prevenzione e trattamento”. La circolazione extracorporea – prosegue la nota – viene effettuata tramite una pompa che supporta il cuore, un ossigenatore a membrana che integra o sostituisce la funzione del polmone, e 2 cannule che prelevano e mettono in circolo il sangue ossigenato. Si distinguono 2 tipi di Ecmo: l’Ecmo veno-venosa (VV) e la veno-arteriosa (VA). La prima prende il sangue da una vena e lo reimmette in un’altra vena, e si utilizza soprattutto per coadiuvare la funzione polmonare; la seconda prende il sangue da una vena e lo reimmette in un’arteria, supportando sia il cuore che i polmoni. “Di recente si sono avuti notevoli miglioramenti tecnologici con l’introduzione di pompe a levitazione magnetica che riducono di molto i rischi di danneggiamento dei globuli rossi durante il passaggio del sangue e il conseguente pericolo di emolisi – evidenzia Chiariello – Anche gli ossigenatori a membrana, il cosiddetto polmone artificiale, ha migliorato di molto le sue performance. L’Ecmo è ormai una pratica consolidata negli interventi più delicati di cardiochirurgia. I pazienti coinvolti sono in maggioranza uomini tra i 50 e i 70 anni con gravi scompenso cardiaco e insufficienza cardiorespiratoria, causati da patologie preesistenti o da infezioni ed eventi clinici improvvisi, ma anche giovani al di sotto dei 40 anni con casi di infarto o di patologie congenite”. L’Ecmo come supporto respiratorio viene usato in casi gravi di sepsi o polmonite, sindrome da stress respiratorio e ipertensione polmonare. Come supporto vitale cardiocircolatorio pre-intervento viene impiegato in caso di infarto acuto e miocarditi, oltre che negli interventi in cui è necessario impiantare un dispositivo di assistenza ventricolare e nei trapianti di cuore. L’Ecmo si effettua in anestesia generale. Il chirurgo posiziona le cannule nel collo, nell’inguine o nel torace, a seconda dell’età e delle condizioni del paziente, monitorandolo costantemente. Attraverso cateteri endovenosi si somministrano diversi farmaci, tra cui l’eparina che impedisce la formazione di coaguli quando il sangue scorre nella macchina. Negli ultimi anni il trattamento è stato applicato con successo anche nei casi di gravi patologie neonatali e pediatriche, continua la nota. Situazioni spesso estreme in cui altre misure cliniche non hanno sortito gli effetti sperati. Grazie all’Ecmo, il tasso di sopravvivenza dei neonati con gravi complicazioni può arrivare anche al 60%. Le condizioni che richiedono il ricorso alla circolazione extracorporea sono in particolare la sindrome da stress respiratorio e da aspirazione di meconio, l’ipertensione polmonare, la polmonite grave, l’arresto cardiaco, la sepsi, problemi cardiaci congeniti, infezioni gravi. Sia negli adulti sia nei bambini, l’Ecmo può essere somministrato per periodi che vanno da 3 giorni a un mese. Più è lungo il periodo di terapia, maggiore può essere il rischio di complicazioni. Per esempio l’emorragia, a causa di una maggiore fluidità del sangue. Vi è poi il rischio di infezione in seguito all’inserimento delle cannule, e non ultimo per importanza il rischio di un guasto improvviso della macchina. “E’ fondamentale dunque che il paziente in Ecmo sia costantemente assistito da personale specializzato e preparato alla gestione di tutti i problemi, riguardanti sia il paziente stesso sia il sistema meccanico”, precisano i promotori dell’evento napoletano. “Da qui – conclude Chiariello – l’importanza e l’attualità di questo simposio come evento di formazione e di aggiornamento continui”. (AdnKronos)

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