“Il chirurgo attendibilmente non si è avveduto di avere prodotto una lesione arteriosa di un vaso di questa portata. L’abbassamento dei valori emoglobinici avrebbe potuto far sospettare una lesione di un tronco arterioso importante, e quindi indurre a praticare un’angiografia, la quale avrebbe messo gli operatori in condizione di riconoscere la lesione in tempo utile e di mettere in sicurezza la bambina dal punto di vista vascolare attraverso la legatura dell’arteria linguale o dell’arteria carotide esterna“. Così si legge nella relazione dei consulenti tecnici d’ufficio nominati dal giudice civile sulla morte della piccola Serena F., la bambina di 5 anni morta il 18 febbraio 2012 ad Ancona per le complicazioni insorte dopo un doppio intervento di adenotonsillectomia.
Per la vicenda è in corso una causa civile. Da un punto di vista penale, invece, l’inchiesta che vedeva indagati i due chirurghi che hanno operato la bimba, Valentino Manna e Sandro Severini, è stata archiviata. La bimba era stato operata alle tonsille il 9 febbraio 2012 da Manna. A poche ore di distanza dal primo intervento, era stata sottoposta a una nuova operazione eseguita da Severini, per tamponare un’emorragia. In seguito si era reso necessario il ricovero in rianimazione e poi nel reparto di Otorinolaringoiatria da cui era stata dimessa. Due giorni dopo le dimissioni, però, la piccina si era sentita male mentre si trovava in convalescenza a casa dei nonni ed era poi deceduta il 18 febbraio. Ora i Ctu ribaltano le conclusioni cui era giunta la prima perizia, parlando di evento “evitabile” e ritenendo “attribuibile il nesso di causalità tra l’inadeguata condotta tecnica dei sanitari (afferenti alla sfera dell’imperizia e imprudenza) e le lesioni che hanno portato al decesso di Serena F.“.