Poco tempo da dedicare ai pazienti e tanta burocrazia sono i ‘mali’ lamentati dai medici. Quasi uno su tre ritiene di non aver tempo sufficiente per assicurarsi che gli assistiti seguano bene le cure, solo la metà si accerta che abbiano compreso le indicazioni su terapie e percorso di cura e si informa delle eventuali difficoltà economiche dei pazienti. Più di uno su tre si dice oberato dal carico burocratico. Per un terzo invece non è prioritario informare su alternative terapeutiche o sull’esistenza di farmaci equivalenti o biosimilari. I dati emergono dall”Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari, presentata ieri a Roma e realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato con il sostegno non condizionato di Assobiotec. Sono stati coinvolti 816 camici bianchi, di cui 404 abilitati alla prescrizione di farmaci biologici e/o biosimilari. Fra questi ultimi, chi decide di cambiare la terapia al paziente lo fa, in un terzo dei casi, in libertà e autonomia e per rispondere meglio alle esigenze di cura e successo delle terapie. Ma non manca uno su cinque (19%) che ha modificato la terapia per soddisfare esigenze di carattere amministrativo, principalmente per contribuire alla sostenibilità economica del Ssn (39%), per rispettare limiti e obiettivi di budget fissati dall’azienda ospedaliera o dall’Asl (35%). E solo l’8% dei professionisti è al corrente dell’esistenza di delibere della Regione o Asl che prevedono come riutilizzare i risparmi derivati dalla prescrizione di farmaci a minor costo. “La tutela della Salute delle persone, l’accesso alle cure più appropriate rispetto alle esigenze cliniche, alle condizioni socio-economiche e al progetto di vita del paziente – sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici, Cittadinanzattiva – non devono essere sacrificate per arrivare al pareggio di Bilancio: lo dice anche la recente sentenza della Corte Costituzionale 275/2016 che afferma che è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione. E invece l’indagine mostra che purtroppo in alcune occasioni ciò non accade“. “E’ necessario armonizzare ogni atto amministrativo o normativo nazionale, regionale e aziendale – spiega – con due aspetti irrinunciabili: il rispetto dei principi che sono alla base della professione medica e quindi il codice deontologico, e quello dei diritti dei cittadini così come sancito dalla Carta europea dei diritti del malato. Su questi aspetti vogliamo lavorare anche insieme agli Ordini dei medici“. Per Aceti, “siamo ancora in tempo per invertire la rotta perché lo chiedono sia i medici che i pazienti e possiamo farlo subito. Ad esempio prevedendo nella messa a punto degli standard del personale, in via di definizione, la garanzia che il tempo dell’ascolto e della comunicazione siano veri e propri tempi per la cura della persona. E ancora, investire di più nella formazione indipendente e di qualità da parte delle Istituzioni pubbliche. Inoltre, visto che siamo in attesa della pubblicazione del nuovo position paper di Aifa sui farmaci biologici e biosimilari, ci aspettiamo che preveda adeguata informazione e condivisione delle scelte con il paziente e gli riconosca un ruolo attivo nel percorso di cura; assicuri trasparenza e accesso a dati ed evidenze cliniche; garantisca continuità terapeutica e attenzione alla qualità della vita“.