Salute, Corte di Giustizia dell’Ue: protesi mammarie difettose, gli Stati vigilino sulla certificazione

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Spetta agli Stati membri dell’Ue stabilire i criteri di responsabilità degli organismi di controllo quando stilano delle dichiarazioni di conformità dei dispositivi medici. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Ue, nella sentenza relativa ad una causa che vede opposti Elisabeth Schmitt, una cittadina tedesca, alla TÜV Rheinland, società che si occupa di certificazione. Nel 2008, la Schmitt si è fatta impiantare in Germania delle protesi mammarie fabbricate in Francia. Dato che due anni dopo le autorità francesi hanno accertato che il fabbricante aveva prodotto protesi mammarie a base di silicone industriale non conforme agli standard di qualità, la signora si è fatta rimuovere le protesi. Nel frattempo, il fabbricante era fallito. La Schmitt ha chiesto ai giudici tedeschi la condanna della TÜV Rheinland, l’organismo incaricato dal fabbricante di valutare il suo sistema di qualità nell’ambito della certificazione Ce, al risarcimento di 40mila euro, a titolo di danno morale. La donna chiede inoltre che la TÜV sia dichiarata responsabile per qualsiasi danno materiale anche futuro. A suo avviso, un esame dei documenti di trasporto e delle fatture avrebbe permesso alla TÜV di constatare che il fabbricante non aveva impiegato il silicone autorizzato. Secondo il Bundesgerichtshof (la Corte federale di giustizia), perché sorga la responsabilità della TÜV occorre che abbia violato una norma di protezione oppure un’obbligazione contrattuale. Per decidere se una violazione del genere si sia verificata, il Bundesgerichtshof chiede alla Corte di giustizia d’interpretare in via pregiudiziale la normativa europea, in particolare la direttiva 93/42 sui dispositivi medici. La direttiva armonizza i requisiti che i dispositivi medici, come le protesi mammarie, devono soddisfare per poter essere immessi in commercio. La norma disciplina in particolare la procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE, nonché i compiti e gli obblighi degli organismi notificati nell’ambito del sistema di assicurazione di qualità. Con la sentenza, la Corte risponde che, secondo la direttiva, un organismo notificato che, come il TÜV, interviene nell’ambito della procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE, non è tenuto, in via generale, ad effettuare ispezioni impreviste, a controllare i dispositivi e/o a esaminare la documentazione commerciale del fabbricante. Tuttavia, in presenza di indizi che facciano pensare che un dispositivo medico possa non essere conforme ai requisiti posti dalla direttiva, l’organismo in questione deve adottare tutte le misure necessarie al fine di rispettare gli obblighi previsti dalla direttiva. La Corte dichiara inoltre che l’intervento dell’organismo notificato nell’ambito della procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE è volto a proteggere i destinatari finali dei dispositivi medici. Tuttavia, “fanno parte del diritto nazionale le condizioni alle quali può insorgere la responsabilità dell’organismo nei confronti dei predetti destinatari per il colpevole inadempimento degli obblighi posti a suo carico dalla direttiva nell’ambito di tale procedura, fermi restando i principi di equivalenza e di effettività”. Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali cui venga sottoposto un problema simile.

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