Studi condotti dal gruppo di ricerca diretto dal prof. Carlo Foresta, direttore dell’Unità di Andrologia e Medicina Riproduzione dell’Azienda Ospedaliera di Padova, e dal dr. Andrea Garolla hanno evidenziato che la presenza del Papilloma Virus (HPV) nel liquido seminale determina l’adesione del virus agli spermatozoi, riducendo significativamente il loro potenziale di fertilità. Inoltre, gli stessi ricercatori hanno dimostrato che le tecniche di fecondazione in vitro, che si attuano mediante la microinezione degli spermatozoi nell’ovocita (ICSI), se si effettuano in pazienti con presenza di HPV nel liquido seminale, hanno una bassa probabilità di fertilizzazione ovocitaria e, nei casi in cui questa si verifichi, esita in un’elevata percentuale di aborti.
Lo studio sarà presentato sabato prossimo durante il XXXII Convegno di Medicina della Riproduzione, che si svolge dal 23 al 25 di febbraio Abano (PD), presso il palazzo dei congressi Pietro d’Abano. L’evento è organizzato dal professor Carlo Foresta dell’Università di Padova e dal professor Andrea Lenzi dell’Università di Roma (in allegato il comunicato e il programma dell’evento scientifico).
I ricercatori di Padova hanno recentemente approfondito il loro interesse sperimentale sulla relazione tra HPV e infertilità di coppia, e lo studio dimostra chiaramente che la presenza di HPV nel liquido seminale ostacola la fertilità naturale. Questi risultati emergono dalla valutazione di 115 coppie senza cause apparenti di infertilità, il cui partner risultava positivo all’HPV nel liquido seminale. Tra queste, 54 coppie hanno cercato una fertilità naturale per 12 mesi senza eseguire alcun trattamento. Questo gruppo ha ottenuto una gravidanza nel 14,8% dei casi, ma nel 37.5% degli stessi la gravidanza esitava in aborto spontaneo.?Nelle rimanenti 61 coppie, che presentavano caratteristiche generali ed anagrafiche sovrapponibili, il partner era sottoposto a vaccinazione per HPV con Gardasil 4 per sei mesi, prima della ricerca della gravidanza. In questo gruppo, le coppie hanno ottenuto una gravidanza entro l’anno nel 37,7%, con una percentuale di aborto del 4,3%. In altre parole, tra tutte le gravidanze ottenute, nel gruppo sottoposto a vaccino è stata documentata una percentuale di nati pari al 95,6%, mentre nell’altro gruppo la percentuale si è attestata al 62.5%. Inoltre nel gruppo senza vaccino, tutte le gravidanze a termine erano a carico di coppie in cui i partner, anche se non vaccinati, avevano eliminato spontaneamente l’infezione.
Il razionale dell’utilizzo del vaccino in soggetti con infezione seminale da HPV si fonda sull’ipotesi che lo sviluppo della reazione anticorpale contro il virus, indotta dal vaccino, sia in grado di accelerare l’eliminazione dell’infezione stessa. In effetti, dopo 6 mesi dalla somministrazione del vaccino, il 92% dei pazienti trattati risultava negativo contro il 30% dei pazienti non trattati.
Questi risultati dimostrano chiaramente la relazione tra infezione da HPV nel liquido seminale, infertilità e poliabortività per causa maschile. Essi dimostrano inoltre che l’induzione della difesa immunitaria contro l’HPV, indotta dal vaccino, rappresenta un trattamento utile per una più rapida eliminazione dell’infezione e per il ripristino della fertilità senza conseguenze abortive.
Infine, una considerazione generale che emerge da questo studio suggerisce che in tutti i casi in cui l’infertilità di coppia non può essere attribuita ad una causa ben definita e nelle coppie in cui si manifesta una poliabortività, dovrebbe essere eseguita la ricerca dell’HPV nel liquido seminale.