“Credete che ci sia vita in qualche altra parte dell’universo? È una domanda che agli astronomi viene posta in continuazione. Ed è la domanda giusta: la vita nell’universo è, finora, una questione di fede. Non abbiamo dati a indicare che una tale vita esista. Ma la nostra fiducia nel fatto che la vita esiste è abbastanza forte da renderci disponibili a fare lo sforzo di cercarla“. E’ quanto scrive sull’Osservatore Romano l’astonomo gesuita Guy Consolmagno direttore della Specola Vaticana, osservando che “con l’annuncio della scoperta di sette pianeti paragonabili alla Terra che orbitano intorno alla stella Trappist-1, la nostra fiducia in queste ricerche è diventata appena un po’ più forte“. Infatti, ricorda Consolmagno, “almeno tre di questi pianeti potrebbero avere la giusta temperatura per supportare l’acqua liquida e quindi la possibilità che ci sia vita così come la conosciamo“. Ma “mentre la maggior parte della stampa popolare si è eccitata di più per la possibilità che su quei pianeti possa esserci la vita, io vedo nella scoperta un significato più grande: l’astronomia non è stelle o pianeti, bensì l’attività delle persone che guardano queste stelle e pianeti“. Il direttore della Specola Vaticana sottolinea che “a motivare il lavoro è la curiosità umana, il desiderio di nutrire l’animo umano. Il desiderio umano di sapere in che modo ci inseriamo in questo universo e se ci sono altri luoghi o perfino altri esseri come noi stimola la nostra immaginazione e ci fa guardare con pazienza, notte dopo notte. Questa passione alimenta la fede degli astronomi, dando loro la necessaria speranza che le lunghe notti di osservazione rechino frutto“.
Fratel Consolmagno sottolinea che la scoperta annunciata ieri arriva “dopo anni di pazienti osservazioni” e sottolinea, di conseguenza, che “l’astronomia non è stelle o pianeti, bensì l’attività delle persone che guardano queste stelle e pianeti. A motivare il lavoro è la curiosità umana, il desiderio di nutrire l’animo umano. Il desiderio umano di sapere in che modo ci inseriamo in questo universo e se ci sono altri luoghi o perfino altri esseri come noi stimola la nostra immaginazione e ci fa guardare con pazienza, notte dopo notte. Questa passione alimenta la fede degli astronomi, dando loro la necessaria speranza che le lunghe notti di osservazione rechino frutto. Naturalmente, insieme alla passione e alla fede, gli scienziati sono mossi anche da altri appetiti… e – conclude – dal senso dell’umorismo. Gli astronomi belgi che hanno costruito i telescopi Trappist ammettono di aver scelto il nome per rendere omaggio alle famose birre prodotte dai trappisti belgi“.