Smog: in 10 anni calate le polveri sottili PM2.5 in Pianura Padana

MeteoWeb

Lo smog sembra in qualche modo calare nella Pianura Padana dove un team di ricercatori ha misurato, dal 2006 al 2015, una riduzione dell’8% l’anno di polveri fini PM2.5, un inquinante più piccolo delle ‘polveri sottili’ (PM10). Nonostante il motivato allarme provocato dai frequenti sforamenti dei limiti di ‘polveri sottili’ (PM10) nelle città del Nord Italia, evidenzia lo studio, “sono in calo in tutta la Pianura Padana le concentrazioni di ‘polveri fini’ (PM2.5) e inferiori a PM10”. I dati sono stati raccolti da 44 stazioni Arpa di 4 regioni del Nord Italia. La ricerca, è stata condotta dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria ‘Enzo Ferrari’ Dief dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e pubblicata sull’Atmospheric Chemistry and Physics dell’European Geosciences Union. La diminuzione di questo inquinante atmosferico PM2.5 “negli ultimi 10 anni accompagna il calo già osservato per il PM10 e varia in base all’area e al sito” afferma lo studio. “Alte concentrazioni di PM2.5, ovvero di tutte le particelle atmosferiche con un diametro minore di 2.5 micron (2.5 millesimi di millimetro) e note anche come ‘polveri fini’ -afferma Grazia Ghermandi, docente di Ingegneria Sanitaria Ambientale presso Unimore- possono rappresentare un rischio per la salute umana e costituiscono una sfida per le municipalità della Pianura Padana, perché questa regione, densamente popolata, ha notoriamente condizioni meteoclimatiche ed orografiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti in atmosfera, PM2.5 incluso”. Con questa ricerca, Grazia Ghermandi e Alessandro Bigi, ingegnere di Unimore, hanno completato il primo studio sinottico sulla variabilità e l’andamento di lungo periodo del PM2.5 e del PM10-PM2.5 sull’intera pianura Padana. Lo studio, “considerevole per l’ampia estensione territoriale indagata,” ha riguardato, indica Unimore, “l’andamento delle ‘polveri fini’ (PM2.5), molto più piccole del PM10, e le polveri di grandezza compresa tra PM2.5 e PM10 (PM10-PM2.5) in tutta la Pianura Padana nel periodo 2006-2015: dalla provincia di Torino alla provincia di Padova, e da Asti a Rimini”. Complessivamente, i ricercatori hanno esaminato i dati raccolti da 44 stazioni di misura Arpa presenti sul territorio di quattro regioni del Nord Italia – Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto – e per la maggior parte collocate in parchi cittadini o zone residenziali, a parte alcune che si trovano presso incroci trafficati o in zone agricole. Attraverso l’utilizzo di vari metodi statistici, i ricercatori modenesi hanno dimostrato come “le concentrazioni siano calate presso la quasi totalità dei siti di misura, con punte fino al 8% annuo” e come questo calo sia dovuto “soprattutto ad una diminuzione delle concentrazioni durante i mesi invernali”. La variabilità settimanale, in particolare in estate del PM2.5 e del PM10-PM2.5, evidenzia la ricerca, “dimostra una loro principale origine antropica”. Lo studio ha mostrato che la diminuzione del PM10 precedentemente osservato è dovuta a miglioramenti tecnologici e riduzione delle emissioni gassose e di particolato, con effetto sia sul PM2.5 che sul PM10-PM2.5. E che sia l’uomo con le sue attività a produrre il PM2.5 in Pianura Padana “è confermata dal fatto che la sua diminuzione sia stata maggiore in zone urbane trafficate e si riduca verso le zone rurali” spiegano i ricercatori nello studio, sottolineando che “tutto questo a fronte di una seppur notevole omogeneità delle concentrazioni di PM2.5 su tutto il bacino”. “Il calo mostrato dal PM2.5 e dal PM10 – PM2.5 ci conferma -spiega Alessandro Bigi di Unimore- che i miglioramenti tecnologici hanno contribuito alla diminuzione di questi due inquinanti e del PM10 a prescindere dalla variabilità meteorologica”. “Il calo del PM10 – PM2.5 e il fatto che il PM10 e il PM2.5 abbiano concentrazioni sempre più simili, soprattutto in inverno, -spiega ancora Bigi- confermano come, per ridurre l’inquinamento da particolato, l’attenzione si debba inevitabilmente spostare sempre più sulle emissioni gassose, ad esempio ossidi di azoto e ammoniaca, emissioni che nelle tipica meteorologia invernale reagiscono contribuendo alla metà o più del PM2.5″. Relativamente al territorio di Modena, la stazione considerata è quella presso parco Ferrari di Arpae Modena. Stando ai calcoli dei ricercatori modenesi, il PM2.5 presso questo sito è diminuito di quasi un 5% annuo da ottobre 2007, data di inizio rilevazioni per questo inquinante.” Il sito modenese -affermano- non mostra un comportamento significativamente differente dagli altri siti in pianura Padana, con un andamento invernale fortemente influenzato dalla meteorologia e un calo durante il fine settimana, calo più pronunciato in estate”. Le ‘polveri fini’ di Parco Ferrari, oltre alle indagini periodiche di Arpae, sono oggetto di studio approfondito per i due ricercatori modenesi e per Arpae “ai fini di meglio comprendere le emissioni e i processi che sono all’origine di questo inquinante nel territorio modenese”.

Condividi