L’inizio della settimana è caratterizzato pure dallo sviluppo, sull’Atlantico settentrionale, di un profondissimo ciclone extratropicale, alimentato, lungo il suo bordo più occidentale, dallo scivolamento di un vasto blocco di aria artica marittima, che dal mar del Labrador scivola in pieno Atlantico. In questo caso, l’innesco della profondissima “depressione-uragano”, nel tratto di oceano a sud-ovest dell’Islanda, è supportato dal passaggio, nell’alta troposfera, di un intenso “Jet Streak”, sopra l’Atlantico settentrionale, con valori ragguardevoli sui 9000 metri di quota. In sede canadese, il considerevole “gradiente di geopotenziale” in quota, venutosi a creare fra l’Artico canadese, la Groenlandia e l’Atlantico occidentale, sta causando un significativo rinforzo del ramo principale del “getto polare”, che proprio nelle ultime 36 ore ha sorvolato l’Atlantico nord-occidentale con un potente “Jet Streak” (massimi di velocità del “getto”) che ha avuto il merito di erodere il margine più settentrionale dell’anticiclone azzorriano.
Proprio i “Jet Streaks”, come capita in Atlantico, sono i veri motori del tempo atmosferico e innescano lo sviluppo dei più grandi cicloni extratropicali. Questo potentissimo fiume d’aria, che passerà nell’alta troposfera, determinerà lo sviluppo di una importante anomalia della tropopausa (causando un suo sensibile abbassamento), agevolando l’intrusione di aria dalla stratosfera, molto secca e stabile, la quale scorrendo al di sopra dell’aria molto più tiepida e umida, in scorrimento nei medi e bassi strati, contribuirà ad instabilizzare l’intera colonna d’aria, accelerando l’intero processo ciclogenetico.
Anche in questo caso la circolazione depressionaria, in scivolamento dal mar del Labrador, si è trovata lungo l’uscita sinistra del “getto polare”. E’ stata così interessata da una cospicua “dry intrusion” stratosferica che ha dato ulteriore enfasi all’approfondimento del maestoso ciclone extratropicale, facendogli assumere le sembianze di una vera e propria “depressione-uragano”, con un minimo barico da capogiro che in mattinata è scivolato sotto i 934 hpa.
Basti pensare che una situazione meteorologica molto simile a questa, nel gennaio 1993, favorì la formazione sull’Atlantico settentrionale del più potente ciclone extratropicale mai osservato dalle agenzie meteorologiche, che passò nel tratto di mare appena a sud dell’Islanda, con una pressione centrale che scese fino ai 914 hpa. Il potentissimo ciclone extratropicale, avvicinandosi al Regno Unito, porto violenti venti di tempesta che raggiunsero picchi estremi di ben 194 km/h nel nord-ovest della Scozia.
Il potente “gradiente barico orizzontale” che si è innescato lungo il margine occidentale e meridionale di questo immenso ciclone extratropicale sta dando origine a potenti tempeste di vento, in grado di raggiungere l’intensità di uragano, con venti violenti, da NO e O-NO, capaci di toccare anche i 170-180 km/h nelle raffiche, lungo l’Atlantico nord-occidentale. Fortunatamente, i venti più violenti associati a questo potentissimo ciclone extratropicale, non interesseranno le terre emerse, ma rimarranno relegati in pieno oceano, nel tratto davanti le coste meridionali groenlandesi.
In modo particolare l’area compresa fra i 50° e i 30° di longitudine ovest, e i 60° e 50° di latitudine nord, dove all’interno delle furiose tempeste da O-NO e NO i venti toccheranno l’intensità di uragano, divenendo davvero violenti in pieno oceano, lungo il quadrante meridionale e sud-occidentale del ciclone. Ma oltre all’Atlantico settentrionale, venti molto forti e freddi, ma da NE e E-NE, sferzeranno pure parte del mare della Groenlandia e lo Stretto di Danimarca. La profondissima circolazione ciclonica, di tipo extratropicale, contrasterà con la cellula anticiclonica, di origine termica, presente sopra il Plateau groenlandese.
Questa notevole contrapposizione di isobare produrrà un forte “gradiente barico orizzontale” anche sul lato settentrionale della suddetta depressione, attivando così furiose tempeste di vento da NE e E-NE, con raffiche che potranno superare picchi di oltre 100-120 km/h fra lo Stretto di Danimarca e le coste nord-occidentali islandesi. In particolare l’estrema punta nord-occidentale islandese, nei pressi di Horn, che degrada sullo Stretto di Danimarca, potrebbe essere spazzata da questi venti molto forti, da E-NE, che raggiungeranno le massime velocità proprio sullo Stretto di Danimarca.
L’esteso “Fetch” (spazio di mare su cui soffia il vento), che dal mar del Labrador si propagherà fino alle isole Far Oer, rischia di sollevare ondate davvero molto alte, molto pericolose per la navigazione marittima, che raggiungeranno altezze di oltre i 10-11 metri lì dove si localizzeranno le tempeste più violente, sul quadrante meridionale della profondissima circolazione ciclonica. Parte di queste imponenti onde, dopo aver percorso l’Atlantico raggiungeranno le Far Oer, le Shetland, le Orcadi e le isole Ebridi, originando forti mareggiate che nella giornata di mercoledì flagelleranno anche le coste occidentali scozzesi e quelle irlandesi, con l’irrompere di ondata, alte fino a più di 8 metri.