Terremoto Centro Italia: ecco gli effetti sulla morfologia dell’Appennino

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La sequenza sismica nel Centro Italia in corso dal 24 agosto 2016, oltre che per la vastità della tragedia, verrà ricordata anche per gli effetti che ha provocato sulla morfologia dell’Appennino. Riccardo Lanari, direttore dell’Irea-Cnr (Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente) che sta elaborando i dati raccolti dai satelliti italiani, europei e giapponesi per analizzare le deformazioni causate dalle scosse sulla superficie terrestre, segnala che le più importanti sono state rilevate “a Norcia e a Castelluccio. La prima spiega in un’intervista al Corriere di Rieti ha subito uno slittamento verso Ovest di ampie proporzioni. La seconda si è abbassata anche quasi fino a un metro. E in queste due località tutto è avvenuto subito dopo un solo terremoto: quello del 30 ottobre 2016, confermando tutta l’energia e la forza di cui è capace un sisma di quella portata (M 6.5)“. Effetti del genere non sono stati mai rilevati prima in ambito nazionale mentre in ambito internazionale “abbiamo studiato anche eventi molto più significativi, come il terremoto di Illapel, del 2015, in Cile (magnitudo 8.3) e quello del Nepal (M.7.8) nello stesso anno. E lì le deformazioni furono metriche su un’arca vastissima“.

C’è tutta una serie di deformazioni che caratterizzano il nostro territorio. E avvengono periodicamente anche in assenza di eventi tellurici: come la subsidenza del Bolognese; il bradisismo dei Campi Flegrei; o certi fenomeni che riguardano l’area dell’Etna“. Queste analisi, coordinate dal Dipartimento della Protezione civile e in collaborazione con l’Ingv e il supporto dell’Agenzia spaziale italiana, possono rilevare “lo spostamento della crosta terrestre anche dell’ordine di un centimetro da un’altezza di 800 chilometri. E’ come se da Napoli guardassimo Milano, riuscendo ad apprezzarne i minimi spostamenti“.

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