Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile: sostenibilità ambientale e attenzione alla salute dei consumatori sono le nostre priorità

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A margine del convegno dal titolo “Olio di palma: criticità e alternative – Come uscire dalla filiera sporca” organizzato dal Movimento 5 Stelle, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile (organizzazione che raccoglie aziende che utilizzano o forniscono olio di palma) ci tiene a ribadire che: “L’olio di Palma è tra gli oli vegetali più sostenibili in assoluto, soprattutto in termini di resa per ettaro. Chi lo accusa di contribuire alla deforestazione, dimentica che, se prodotto in modo sostenibile, aiuta a rispettare la natura. Proprio per questo motivo, tutte le aziende che aderiscono all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile acquistano olio di palma 100% certificato RSPO (Rountable On Sustainable Palm Oil) e puntano, entro il 2020, ad adottare criteri sempre più stringenti. Questa deve essere l’unica via percorribile”, afferma Giuseppe Allocca, Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile. “Anche sul fronte della salute, diciamo basta alla demonizzazione: quanti sostengono la cancerogenicità di questo ingrediente o quanti accusano l’olio di palma di essere la principale fonte di intake di grassi saturi dovranno ricredersi una volta per tutte di fronte ai recenti dati scientifici, come dimostra il parere di OMS e FAO che hanno visto al rialzo i livelli massimi suggeriti di contaminanti da processo che possono essere assunti giornalmente dall’uomo, spingendo l’EFSA a rivedere le sue posizioni. Si tratta di concetti che noi ribadiamo già da tempo visto che l’olio di palma può far parte a pieno titolo della nostra alimentazione. Inoltre vorrei precisare che nel nostro Paese i prodotti alimentari che contengono olio di palma sono a norma, rispettano le leggi – anche dal punto di vista della sicurezza alimentare – e sono continuamente controllati dalle autorità nazionali ed europee, senza che nessuna contestazione sia stata assunta nei loro confronti. Neppure a livello precauzionale. Pertanto sono da ritenersi sicuri conclude Giuseppe Allocca.

L’IMPATTO DELL’OLIO DI PALMA SULLA DEFORESTAZIONE PESA MENO DELLE PRINCIPALI COMMODITIES

Quando si parla di olio di palma, si fa riferimento anche all’impatto che la sua coltivazione ha sull’ambiente. Tuttavia, bisogna ricordare che l’olio di palma è, tra gli oli vegetali, il più sostenibile in assoluto (sia per l’uso di terreno che per richiesta di acqua, fertilizzanti e pesticidi). Questo significa che, in un mondo povero di terre, l’olio di palma è prodotto con la minor quantità possibile di superfice coltivabile rispetto agli altri oli vegetali. Inoltre, secondo un recente studio (Climate Focus 2016) sulle principali cause di deforestazione a livello mondiale, la palma da olio ha un impatto decisamente inferiore rispetto alle principali commodities agricole. Questi sono i motivi per cui il boicottaggio dell’olio di palma non può essere la via da percorrere: una posizione condivisa anche dalle grandi ONG internazionali come WWF e Greenpeace le quali sostengono che il boicottaggio non sia la soluzione, ma piuttosto chiedono ai consumatori di insistere con i propri marchi di riferimento per approvvigionarsi solo con prodotto sostenibile. L’utilizzo di olio di palma certificato sostenibile è, infatti, l’unico modo per intervenire concretamente in difesa dell’ambiente.

STUDI INTERNAZIONALI CONFERMANO: ASSUNZIONE CONTAMINANTI DA PROCESSO GIA’ SOTTO LIVELLO ALLERTA

A conferma di quanto detto, è di pochi giorni fa la notizia pubblicata dalla Reuters, secondo la quale l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) starebbe riesaminando i risultati del suo parere scientifico sui possibili rischi per la salute dovuti alla presenza di contaminanti da processo negli oli vegetali e animali e, in particolare, la dose giornaliera tollerabile di sostanze potenzialmente nocive per l’uomo (il 3-MCPD, che può formarsi nella fase di raffinazione ad alte temperature di tutti gli oli vegetali e animali, quindi anche dell’olio di palma). Una decisione, questa, che arriva a seguito di un ulteriore parere rilasciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla FAO che, di fatto, si contrappone a quanto inizialmente dichiarato dall’EFSA. Le evidenze più rilevanti, infatti, sono legate proprio al livello di assunzione tollerabile di contaminanti da processo. L’OMS e la FAO indicano come livello di assunzione tollerabile senza problemi per l’uomo 4 µg/kg per peso corporeo per die rispetto allo 0,8 µg/kg per peso corporeo per die indicato dall’EFSA, innalzando, di fatto, le indicazioni precedenti. Va inoltre sottolineato che il parere OMS – FAO evidenzia che la popolazione (inclusi i grandi consumatori) non supererebbe la nuova soglia di sicurezza (maggiori informazioni qui: http://www.fao.org/3/a-bq821e.pdf pag.7), ribadendo che già oggi i livelli di assunzione dei contaminanti in esame sono sotto il livello di allerta[1] e che quindi non ci sono rischi per la salute dovuti all’utilizzo di olio di palma. Ne è la prova il fatto che al momento nessun Istituto o Ente o Organizzazione (mondiale o nazionale) ha mai ritenuto di eliminare l’olio di palma o affermato che questo ingrediente sia dannoso.

ACIDI GRASSI SATURI: L’80% DELL’INTAKE GIORNALIERO NON ARRIVA DALL’OLIO DI PALMA

Sul tema, di recente intervenuta nuovamente la comunità scientifica che ha realizzato e pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition un documento di Consenso dal titolo Palm oil and human health. Meeting report of NFI: Nutrition Foundation of Italy symposium dal quale si evince che gli effetti sulla salute legati al consumo di olio di palma dovrebbero essere considerati simili a quelli di altri oli o grassi ricchi di grassi saturi. Insomma, l’intake di acidi grassi saturi dovrebbe rimanere inferiore al 10% delle calorie assunte giornalmente: entro questi limiti, non esiste alcuna correlazione tra il consumo di olio di palma e possibili effetti sulla salute umana (e in particolare sul rischio cardiovascolare o di cancro). Volendo capire cosa significa questo nel nostro Paese, basta guardare ai dati di consumo più recenti che confermano che l’apporto di olio di palma rispetto al totale degli acidi grassi assunti nella dieta degli italiani è molto contenuto, meno del 20% del totale ovvero meno di 5g al giorno. Questo indica che il rimanente 80% dei grassi saturi che assumiamo viene da altri alimenti.

Circa la presunta cancerogenicità dell’olio di palma, tornata sull’argomento, pochi giorni fa, anche l’associazione consumeristica tedesca Stiftung Warrentest la quale, riprendendo le evidenze di un suo studio rilasciato nel 2016, afferma che la presenza di contaminanti negli oli vegetali raffinati dipende principalmente dalla qualità delle materie prime che vengono utilizzate e da come queste vengono trattate nel corso della raffinazione. Un esempio su tutti relativo a un’indagine svolta su 21 creme spalmabili in commercio dalla quale si evince che la presenza più bassa di contaminanti stata riscontrata in una crema con olio di palma. Insomma, un olio di palma ben lavorato e raffinato può contenere livelli inferiori di contaminanti da processo rispetto ad altri tipi di olio.

AGCM ARCHIVIA COME INFONDATE LE ACCUSE AI MESSAGGI DELL’UNIONE ITALIANA OLIO DI PALMA SOSTENIBILE

A confermare la correttezza dei messaggi veicolati dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile –“non presenta rischi per la salute in una dieta bilanciata” e “la sua coltivazione sostenibile aiuta a rispettare la natura”  – inoltre intervenuta anche l’Autorità Garante Concorrenza e Mercato (AGCM) dopo che alcuni Gruppi di opinione e della politica avevano chiesto di sanzionare e di vietare la diffusione della campagna pubblicitaria dell’Unione, poiché contenente messaggi falsi e ingannevoli. L’AGCM, dopo aver aperto un’istruttoria informativa e verificato le informazioni a disposizione, ha comunicato di aver archiviato come infondate le richieste avanzate e di non proseguire con ulteriori accertamenti.

[1] Il testo, letteralmente, afferma: The Committee noted that estimated dietary exposures to 3-MCPD for the general population, even for high consumers (up to 3.8 g/kg bw per day), did not exceed the new PMTDI – provisional maximum tolerable daily intake e anche che: the toxicological database is currently insufficient to allow a hazard characterization

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