Sono otto le professioni legate alla trasformazione digitale e all’innovazione che, in un futuro ormai alle porte, garantiranno le migliori opportunità di lavoro in tutti i settori di mercato: data protection officer, digital information officer, cyber security expert, Big data engineer, Mobile application developer, Data scientist, esperto in metodologie agile e internet of things expert. Nelle aziende italiane la presenza di queste figure si rivela ancora limitata e prevalentemente maschile, ma è destinata a crescere rapidamente nei prossimi anni a fronte del processo di trasformazione digitale che le imprese devono affrontare per competere e innovare. E’ questo uno dei risultati più significativi dell’indagine ‘Donne e digital transformation: binomio vincente’, condotta da NetConsulting Cube per conto di CA technologies su un campione di responsabili delle risorse umane e direttori dei sistemi informativi di 60 aziende italiane e 225 studenti di licei e istituti professionali. La ricerca è stata presentata oggi durante l’incontro ‘Nuovi orizzonti per le millennial digitali’, organizzato da CA insieme a Fondazione Sodalitas per promuovere il dibattito sul ruolo delle donne nell’innovazione tecnologica e sul valore della formazione Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ai fini dell’occupabilità femminile. “I risultati dell’indagine sottolineano come sia necessario promuovere maggiori attività di informazione, sia da parte delle scuole che delle aziende, per consentire ai giovani di guardare a nuovi orizzonti e avere un’ampia visibilità sugli sbocchi professionali che la tecnologia può offrire loro in ogni settore”, ha dichiarato Michele Lamartina, amministratore delegato di CA Technologies. “Parallelamente, occorre -ha continuato- una maggiore collaborazione tra il mondo della scuole, le aziende e il settore no profit per dar vita a programmi e iniziative concrete, come Deploy Your Talents e Programma il Futuro, che incoraggino ragazzi e ragazze ad avvicinarsi con interesse e senza preconcetti alle materie STEM – Science, Technology, Engineering and Math”. Secondo i direttori dei Sistemi Informativi intervistati da NetConsulting Cube ai fini della ricerca, ancora oggi sono pochissime le donne che nelle strutture informatiche ricoprono i ruoli tecnici più innovativi: circa il 25% tra i Big Data Engineer e i Digital Information Officer; 15-25% tra gli Esperti in Internet delle Cose, Cyber Security, Data Protection e Mobile Application; nessuna donna tra i Data Scientist. Unico ruolo nel quale la presenza femminile raggiunge il 50% è quello dell’esperto in metodologie Agile, una delle professioni fiorite più di recente e legate alla capacità di sviluppare in modo rapido e veloce applicazioni software. Le cose non sembrano destinate a cambiare nel breve medio termine: intervistando gli studenti, infatti, è emerso come pochi siano quelli che hanno sentito parlare di queste professioni, soprattutto nel caso delle ragazze. La più nota è quella dell’esperto in Intelligenza Artificiale e Robotica, citato dal 86% degli studenti e dal 74% delle studentesse, seguita dall’Esperto in Cyber Security e dallo Sviluppatore di Mobile App. Tutte le altre risultano sconosciute a oltre la metà dei ragazzi e a circa i due terzi delle ragazze. Circa il 30% dei giovani intervistati ha manifestato interesse a conoscere meglio le professioni del futuro. Le figure del Data Scientist e del Big Data Engineer hanno suscitato più curiosità da parte dei componenti del campione. Concentrandosi in modo particolare sull’analisi del binomio ‘Donne e Digital Transformation’, la ricerca ha inoltre verificato con i responsabili delle risorse umane i soft skill più richiesti per le professioni e i modelli lavorativi del futuro, mettendoli a confronto con quelli che, nella loro opinione, caratterizzano maggiormente le donne. Secondo quanto dichiarato dai responsabili interpellati, le attitudini fondamentali sono soprattutto cinque: apertura al cambiamento, collaborazione e teamworking, creatività, capacità di problem solving e orientamento al cliente. Emerge tuttavia dal parere degli intervistati che non sempre queste caratteristiche sembrano contraddistinguere le donne. Infatti, solo il 23% le ritiene predisposte ai cambiamenti e solo il 26,3% riconosce loro una dose sufficiente di creatività; risultati al di sotto delle richieste anche in termini di attitudine alla collaborazione e al teamworking e orientamento al cliente. Le donne superano invece le aspettative sui fronti del problem solving, al quarto posto tra gli skill richiesti, e del multitasking, caratteristica che non viene però ritenuta particolarmente importante ai fini delle performance lavorative secondo il 40% del campione interpellato. Lo studio analizza poi il punto di vista dei direttori dei sistemi informativi che, tra le principali attitudini che abilitano i processi innovativi, considerano ai primi due posti la capacità di visione a medio e lungo termine (85,4%) e l’apertura al cambiamento (84,6%), seguite da capacità manageriale/leadership, flessibilità, proattività e creatività e propensione al problem solving. Confrontando i dati emersi dalle interviste a responsabili delle risorse umane e direttori dei sistemi informativi con le risposte degli studenti in merito alle proprie caratteristiche personali, la ricerca mette in risalto alcuni punti di contatto interessanti. Oltre il 65% di tutti gli studenti intervistati – quelli che si definiscono determinati, curiosi e collaborativi – si rivela infatti in linea con l’esigenza di risorse professionali inclini al teamworking; il 38% riconosce di avere un’attitudine creativa, uno dei soft skill più ricercati sia dai direttori dei sistemi informativi che dai responsabili delle risorse umane. Analizzando poi le differenze nelle risposte tra studenti dei due sessi, il 63% delle ragazze è propenso a ‘eseguire le direttive affidate’ (i ragazzi sono il 58,1%) e il 53% (contro il 40,5% dei ragazzi) si riconosce anche la capacità di ‘indicare direttive’ al gruppo, dimostrando di possedere doti ‘manageriali’ e di leadership in nuce. Quest’ultimo dato fa ben sperare in una nuova generazione pronta a farsi carico di posizioni di responsabilità. Dove le nuove leve femminili dimostrano ancora qualche limite è invece la capacità di resistere a stress e pressione: il 47,1% ammette di non sopportarli, contro il 27,6% dei ragazzi. Questo rappresenta un fronte sul quale è ancora necessario lavorare molto e dove le aziende potrebbero contribuire con lo sviluppo di programmi di mentoring e coaching, al momento prioritari solo per l’11% solo secondo l’11% dei responsabili HR. Tra le 60 aziende interpellate, gli addetti che ricoprono ruoli tecnico scientifici sono il 30% e, di questi, solo il 13% è rappresentato da donne. Esiste quindi, e si nota con forza, un significativo divario di genere, confermato dai direttori dei sistemi Informativi: secondo il 35% circa è ancora molto elevato, per il 41,9% si sta riducendo e per il 9,3% non esiste. Eppure, secondo il 95% dei responsabili delle risorse umane, una maggiore presenza femminile favorirebbe la creazione di prodotti/servizi orientati all’universo ”in rosa” e quindi contribuirebbe a far crescere il business soprattutto in risposta alla sempre più rilevante richiesta di prodotti high tech molto personalizzati da parte delle consumatrici, come sostiene oltre l’84% del campione. Ma allora, perché non aumentare l’assunzione di risorse femminili in ambito tecnico scientifico? Secondo i responsabili delle risorse umane le prime difficoltà si rivelano già in fase di recruiting: è scarsa la disponibilità di risorse laureate in discipline Stem (secondo il 43,2% degli intervistati), è basso il livello di interesse delle donne verso le professioni IT (29,7%) e sono poche le loro esperienze lavorative pregresse in ruoli tecnico-scientifici (27%). Parallelamente, però, i responsabili delle risorse umane ammettono l’esistenza di resistenze culturali interne all’organizzazione e di difficoltà organizzative per integrare le risorse femminili in ruoli tecnico-scientifici. Inoltre, sempre secondo gli stessi interlocutori, le principali cause della minore presenza femminile nei ruoli tecnico scientifici riguardano soprattutto la difficoltà a conciliare i tempi del lavoro con quelli familiari (50%), gli stereotipi di genere associati a queste categorie di competenze (47,4%), le minori possibilità di fare carriera rispetto agli uomini (47,4%) e la scarsa applicabilità di soluzioni lavorative part-time e flessibili (47,4%). Senza contare le resistenze aziendali al loro ingresso e alla loro affermazione (42,1%) e la mancanza di modelli femminili di successo italiani in ambiti STEM (15,8%). In linea generale, tutti gli ostacoli elencati dai responsabili delle Risorse Umane sono confermati anche dai Direttori dei Sistemi Informativi intervistati: il 79,1% riconosce che per una donna è più difficile fare carriera in ambito tecnologico rispetto a un uomo, il 75% ritiene che le donne siano sottorappresentate nelle posizioni manageriali e di responsabilità e il 72% sostiene che le aziende dovrebbero incentivarne la presenza. Nelle strutture dedicate ai Sistemi Informativi delle aziende interpellate, le donne rappresentano mediamente il 28% del totale, ma salgono al 31% quando il CIO è donna. Anche in termini di ruoli, le differenze sono sostanziali a seconda che al vertice della divisione ci sia una donna o un uomo: nel primo caso, il 78,6% è responsabile di area; nel secondo caso, le responsabili di area sono ridotte a meno di un terzo (23,5%). Le aziende stanno però dimostrando di aver compreso l’esistenza di un significativo ‘gender gap’ e i responsabili delle risorse umane interpellati confermano di aver già avviato programmi mirati a indirizzare in modo corretto le necessità espresse dalle donne: infatti, il 52,8% ha sviluppato una politica di pari opportunità di carriera, iniziativa caldeggiata anche dal 45,2% dei direttori dei sistemi informativi intervistati; il 33,3% ha reso disponibili soluzioni lavorative a tempo parziale e flessibile; il 27,8% ha creato condizioni e strutture di lavoro più adeguate e il 25% ha promosso l’utilizzo di soluzioni di smart working. Se all’interno delle aziende, quindi, il problema della scarsa presenza femminile negli ambiti tecnico scientifici è già stato compreso e in larga parte affrontato, molto resta ancora da fare per incoraggiare i giovani a intraprendere percorsi Stem, soprattutto per quando riguarda gli indirizzi di ingegneria e informatica. Pur escludendo ingerenze da parte delle famiglie in tema di scelte future, circa il 60% delle studentesse è ancora orientato verso lauree socio-umanistiche e solo il 25% è interessato alle lauree in informatica e il 30% in ingegneria. Note ancora più dolenti sono emerse quando è stato chiesto agli studenti di proiettarsi nel mondo del lavoro: le ragazze non si sono dimostrate particolarmente interessate agli ambiti Stem (48% abbastanza o molto interessate contro il 61% dei ragazzi) e quasi la metà di loro (46%) ritiene di non avere le attitudini o le qualità per poter fare carriera in campo tecnico scientifico. Anche l’interesse dei giovani verso le funzioni aziendali mostra differenze sostanziali tra i due sessi e conferma il ‘gender gap’ in ambito tecnologico: la percentuale di studentesse che immaginano il loro futuro professionale all’interno delle direzioni sistemi informativi non arriva al 5%, mentre quella relativa ai colleghi maschi sfiora il 22% e si classifica in testa alle aspettative professionali. Gli ambiti in cui le ragazze considerano di avere le maggiori opportunità professionali sono invece amministrazione, marketing e direzione del personale. Il 95% dell’intero campione ritiene le competenze digitali molto importanti o fondamentali ai fini della ricerca di un impiego, anche se la componente maschile si rivela molto più preparata di quella femminile sui temi tecnologici di maggiore attualità come la stampa 3D e la realtà aumentata/virtuale. Cloud, big data, Internet of Things sono argomenti noti solo in modo superficiale o quasi del tutto sconosciuti per la maggior parte degli studenti, anche se i ragazzi raggiungono mediamente percentuali doppie rispetto alle ragazze. Le ancora scarse conoscenze teoriche sono, almeno in parte, compensate dalla dimestichezza dimostrata nell’utilizzo di strumenti tecnologici: alta la percentuale di studenti con buona / ottima conoscenza di text editor, email, tool di presentazione, ma molto bassa la conoscenza della programmazione di base e della creazione di app, soprattutto tra le ragazze. Anche questa rappresenta un’area critica da indirizzare poichè il coding e lo sviluppo software saranno competenze sempre più richieste in futuro. Guardando agli aspetti di maggiore importanza per la vita professionale, secondo tutti i giovani intervistati, al primo posto troviamo la possibilità di fare carriera (86%), seguita da quelle legate alla possibilità di vivere un’esperienza internazionale e di operare all’interno di una realtà innovativa. Infine, in termini di aspettative, oltre l’84% del campione ritiene molto importante avere un lavoro in linea con le proprie passioni, mentre l’81% privilegia il giusto equilibrio tra carriera e vita privata. “Per le aziende la capacità di coltivare e attrarre talenti con competenze in ambito STEM è vitale per competere in un’economia sempre più digitale, ma a giudicare dai dati della ricerca esiste un forte divario tra domanda e offerta e la scarsa presenza femminile può ulteriormente pregiudicare la capacità di innovazione”, conclude Daniela Avignolo, hr manager di CA Technologies. “Ecco perché -conclude- riteniamo una priorità promuovere e partecipare a iniziative che possano aiutare i giovani a fare chiarezza sulle loro scelte future, stimolando parallelamente il coinvolgimento delle ragazze in ambiti nei quali sono tradizionalmente meno presenti, come quello tecnologico”.