Mentre si archiviano le celebrazioni per il 60° anniversario dei Trattati di Roma, sempre il 25 marzo, ma del 1947, 70 anni fa, l’Italia viveva un altro momento fondamentale della sua storia: l’approvazione da parte dell’Assemblea costituente dell’articolo 5 del progetto di Costituzione che sarebbe diventato il 7 del testo definitivo: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale“. I Patti Lateranensi erano stati sottoscritti nel 1929 dalla Chiesa, nella persona del cardinale Gasparri, e dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Benito Mussolini. La norma, nel ’47, fu approvata con 350 sì e 149 no, dopo un ampio dibattito che vide l’intervento dei principali leader politici. A partire da Alcide De Gasperi, che intervenne “parlando per la prima volta in questa Assemblea, al di fuori dei limiti posti dalla solidarietà ministeriale con uomini di diverso pensiero”, su “un argomento intimamente legato alla nostra concezione personale della vita“.
Lo statista democristiano partì innanzi tutto dalla considerazione del “fatto storico“, considerando che in Italia “troviamo che su 45 milioni, 526mila 770 abitanti, 45 milioni, 349 mila 221 si sono dichiarati cattolici“. Inoltre “siamo dinanzi non ad una improvvisazione della storia, ad una passione popolare, ad una superstizione nata in un momento di suggestione particolare nei secoli; ma dinanzi ad un istituto millenario, che ha resistito a tanti colpi, a tante discussioni, a tante scissioni, istituto plurisecolare che ha sempre seguito un metodo nei rapporti con gli Stati: quello degli accordi e dei concordati“. De Gasperi arrivò quindi alla “questione fondamentale: se la Repubblica, cioè, accetta l’apporto della pace religiosa che questo Concordato offre, dichiarato necessario completamento del Trattato che chiude la ‘Questione romana’. Votando favorevolmente all’articolo 7, a questa questione rispondiamo sì; votando contro aprite in questo corpo dilaniato d’Italia una nuova ferita che io non so quando rimarginerà. Evidentemente, aggiungiamo ai nostri guai un ulteriore guaio, il quale non può rafforzare il regime repubblicano“.
Parole che non convinsero Pietro Nenni, che annunciò un voto contrario “per ragioni di principio e di coscienza. Siamo profondamente convinti che la pace religiosa è un bene altamente apprezzabile, ma per noi, la garanzia della pace religiosa è nello Stato laico, nella separazione delle responsabilità e dei poteri, per cui lo stato esercita la sua funzione sovrana nel campo che gli è proprio e garantisce alla Chiesa la sovranità della sua funzione nel campo che le è proprio”. “Lo Stato laico -disse ancora il leader socialista- considera la religione come un problema individuale di coscienza; esso non vuole nè distruggere la religione nè puntellarla, ma si mantiene nella sfera della sua sovranità senza invadere il campo della filosofia e delle religioni. In questo senso noi abbiamo coscienza di contribuire -votando contro l’articolo 7- alla pace religiosa del Paese“.
“Ricordo -affermò invece Palmiro Togliatti– che Gramsci mi diceva che il giorno in cui si fosse formato in Italia un governo socialista, in cui fosse sorto un regime socialista, uno dei principali compiti di questo governo, di questo regime, sarebbe stato di liquidare completamente la questione romana garantendo piena libertà alla Chiesa cattolica”. “Consideriamo definitiva la soluzione della questione romana -disse ancora il leader comunista- e non vogliamo in nessun modo riaprirla. Riteniamo che il Concordato sia uno strumento bilaterale e che solo bilateralmente potrà essere riveduto”.
“La classe operaia non vuole una scissione per motivi religiosi, così come non vuole la scissione fra noi e i socialisti. Noi siamo dunque lieti, anche se voteremo differentemente dal Partito socialista, che questo fatto non apra un contrasto fra di noi. In pari tempo però sentiamo che è nostro dovere fare il necessario perché una scissione e un contrasto non si aprano tra la massa comunista e socialista da una parte e i lavoratori cattolici dall’altra. Siamo convinti, dando il nostro voto all’articolo che ci viene presentato, di compiere il nostro dovere -concluse Togliatti- verso la classe operaia e le classi lavoratrici, verso il popolo italiano, verso la democrazia e la Repubblica, verso la nostra Patria”.