Brillamenti solari? È tutta questione di energia (magnetica). Fenomeno violento, in grado di liberare energia equivalente a quella di decine di milioni di bombe atomiche e responsabile dell’espulsione nello spazio di un flusso di particelle cariche elettronicamente che raggiungono e penetrano l’atmosfera terrestre in meno di un’ora, il flare solare rappresenta un evento drammatico dall’origine controversa.
Gli scienziati perlopiù lo collegano ad un accumulo di energia nella parte alta della corona – la parte più esterna dell’atmosfera della nostra stella – mentre un nuovo studio sostiene che questa spiegazione non è più sufficiente. La ricerca, condotta dal NJIT’s Center for Solar-Terrestrial Research e finanziata dal National Science Foundation e dalla NASA, si basa sui dati raccolti dal New Solar Telescope del Big Bear Solar Observatory (BBSO) e quelli elaborati attraverso il progetto Extended Owens Valley Solar Array (EOVSA) del NJIT.
Secondo gli autori, l’innesco delle esplosioni sarebbe legato ad uno squilibrio magnetico in un ambiente già “stressato”, che avvierebbe una catena di fenomeni energetici connessi tra loro. Le osservazioni condotte – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – mostrano l’insorgere di campi magnetici su scala ridotta prima che i brillamenti si scatenino: le misurazioni rivelano l’emergere di strutture magnetiche a canale, formate da un mix di particelle polarizzate positivamente e negativamente, prima della comparsa di un’importante esplosione. La “tempesta” magnetica dunque sarebbe spia di un’imminente catastrofe ad alta energia. Inoltre anche una torsione nelle linee magnetiche, sintomo di instabilità, rivelerebbe l’imminenza del flare.
Questi magnetici eventi precursori saranno utili per comprendere la natura delle esplosioni in atto sul Sole e potranno fornire un valido supporto agli scienziati per mettere al riparo satelliti e sistemi di comunicazione dai rischi connessi alla “pioggia” di particelle che raggiunge la Terra dopo un brillamento importante.