I nuovi criteri di trattamento per l’accesso ai farmaci anti-epatite C di seconda generazione, elaborati dall’Aifa, “sono ufficiali ed esecutivi”. Mario Melazzini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, questa mattina nella sede dell’Agenzia a Roma, ha presentato ufficialmente gli 11 nuovi criteri, definiti in accordo con le società scientifiche e “che consentiranno di trattare tutti i pazienti con epatite C, per i quali è indicata e appropriata la terapia”. Criteri, ha sottolineato, “di trattamento, non di rimborsabilità”, per cui tutti i pazienti avranno la possibilità di mettersi in lista, saranno presi in carico dagli specialisti dei centri prescrittori e, a seconda della scala di priorità e del quadro clinico, potranno essere trattati entro i tre anni. Il Piano di eradicazione dell’epatite C dell’Aifa prevede, infatti, come obiettivo l’accesso ai trattamenti per 240 mila pazienti in tre anni, 80 mila l’anno. “Farò una determina – ha annunciato Melazzini – in cui saranno allegati i criteri, che sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale”. Intanto, “nei primi dieci di giorni di aprile i registri di monitoraggio saranno aggiornati, dunque potranno reclutare i pazienti con i nuovi criteri”. Al 20 marzo sono 70.698 i trattamenti avviati sulla base dei sette vecchi criteri di rimborsabilità, che hanno previsto l’accesso modulato dei malati di epatite C in base al principio di urgenza clinica. Mentre attualmente i centri abilitati alla prescrizione sono 226 in Italia, con la possibilità di ampliarli a 273, in accordo con le Regioni, nel caso in cui si rivelasse necessario. “Le Regioni hanno condiviso il nostro percorso, tutti abbiamo l’obiettivo di rispondere alla domanda di salute delle persone affette da epatite C – ha aggiunto Melazzini – Adesso però i pazienti devono essere presi in carico”. Dalla ricognizione fatta dall’associazione dei pazienti, “ci sono centri in cui il numero di pazienti presi in carico è basso – ha osservato – Quindi prima di implementare il numero dei centri bisognerebbe puntare su questi centri che potenzialmente hanno la capacità organizzativa di farsi carico dei pazienti”. “E’ un momento storico – ha commentato Luca Miele, dell’Associazione italiana per lo studio del fegato – Le evidenze scientifiche devono essere al servizio dei pazienti”.