Pronto a partire stamattina, in occasione della Giornata Internazionale delle Foreste, un team di ricercatori italiani alla volta di Maromizaha dove da più di un decennio Università di Torino e Parco Natura Viva di Bussolengo proteggono i 1.600 ettari della Foresta Pluviale degli Alberi Dragoni. La partenza avviene ad una settimana dal ciclone tropicale Enawo che in Madagascar ha prodotto 51 morti, 21 dispersi e 87mila sfollati, eppure “l’unica stazione di ricerca italiana sull’isola ha retto l’urto dell’invasione di fango e danneggiamenti al tetto che non hanno impedito ai programmi scientifici di andare avanti“. Ad annunciarlo è il Parco Natura Viva di Bussolengo sottolineando che nella spedizione sorvegliati speciali sono “i 10 gruppi di indri che vivono in quell’area“, la più grande tra le specie di lemuri esistenti. “Durante questa spedizione, verranno posizionate camera traps e registratori acustici per monitorare il comportamento del più grande di tutti i lemuri, l’unico in grado di cantare ma gravemente minacciato di estinzione” fanno sapere i ricercatori. “La nostra Giornata Internazionale delle Foreste la celebreremo in campo in un Paese che ha perso il 90% della foresta pluviale originaria” evidenzia Cristina Giacoma, direttore del dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei sistemi dell’Università di Torino. “La spedizione -spiega- durerà fino al 30 aprile, con l’obiettivo di proseguire gli studi sull’indri, una specie ad un passo dall’estinzione“. Ma questa foresta, segnala Giacoma, “ospita tutte le specie più rare di lemuri, per un totale di 13 tra le quali anche l’aye aye, il lemure notturno che si credeva estinto e che fu riscoperto da Gerald Durrell negli anni ’90“. Rari e tutti sottoposti alla stessa minaccia. “Le grandi difficoltà economiche delle popolazioni rurali del Madagascar portano ad uno sfruttamento insostenibile delle risorse naturali” ricorda Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo. “Si chiama slash-and-burn: la foresta viene tagliata per poi appiccare il fuoco. Così, si fa spazio alle colture ma si sottrae agli animali ogni possibilità di sopravvivenza“. Zaborra chiarisce quindi che “è necessario lavorare su più fronti: per la salvaguardia degli habitat e per offrire alle persone un’alternativa valida e vantaggiosa“.