La Festa del Papà tra religione e arte culinaria: le famose zeppole di San Giuseppe

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In molti paesi di tradizione cattolica (Spagna, Portogallo, Italia) la festa del papà viene festeggiata il giorno di San Giuseppe, in quanto archetipo del padre e del marito devoto che, nella tradizione popoLare, protegge anche gli orfani, le giovani nubili e i più sfortunati. Il culto religioso del Santo è molto antico: nacque, infatti, in Oriente, nell’Alto Medioevo, per poi diffondersi in Occidente già nel Trecento; periodo in cui alcuni ordini religiosi cominciarono ad osservare la sua festa il 19 marzo, giorno della sua morte secondo la tradizione. Fu papa Sisto IV, intorno al 1479, a inserire la festività di San Giuseppe nel calendario romano e nell’Ottocento il Santo divenne Patrono di diversi Paesi con un’importante tradizione cattolica, come Messico, Canada e Belgio, mentre l’istituzione dell’altra festa cattolica che ricorda il Padre di Gesù, San Giuseppe Artigiano, il 1° maggio, è solo del 1955, in risposta alla Festa dei Lavoratori che aveva origini sindacali e socialiste. Secondo la tradizione italiana, San Giuseppe, oltre ad essere il Patrono dei falegnami e degli artigiani, è anche il protettore dei poveri, in quanto a lui e a Maria fu negato un riparo per il parto. Da qui, l’usanza di alcune regioni del Sud di invitare i poveri il 19 marzo al banchetto di San Giuseppe. Inoltre, data la coincidenza di questa data con la fine dell’inverno, in passato i contadini erano soliti bruciare sterpaglie e cumuli di legna per ripulire i campi. Attorno a questi fuochi si radunavano le signore anziane, intonando inni e pregano San Giuseppe. Ancora oggi, la tradizione dei falò è viva in Italia.

ZEPPOLE 1In Sicilia e nel Salento sono diffuse le “Tavole di San Giuseppe”. La sera del 18 marzo, le famiglie che intendono assolvere un voto o esprimere una particolare devozione al Santo, allestiscono in casa un tavolo su cui troneggia un’immagine di San Giuseppe e sul quale vengono poste paste, verdure, pesci freschi, uova, dolci, frutta e vino, invitando a mensa mendicati, familiari e amici, 3 bambini poveri rappresentanti la Santa Famiglia. Il cibo viene ricevuto con devozione, spesso recitando preghiere, mentre 13 bambine, dette “13 verginelle”, con in testa una corona di fiori, cantano e recitano poesie in onore di San Giuseppe. Alimento tradizionale di questa festa sono le “frittelle” a Firenze e a Roma, chiamate “zeppole” a Napoli e in Puglia, “sfincie” a Palermo. In Canton Ticino sono tradizionali i “tortelli di San Giuseppe“. L’Italia, da Nord a Sud, ha un unico comune denominatore, con l’intento di prendere per la gola tutti i papà: l’arte culinaria, pronta a deliziare in tutte le sue più svariate declinazioni. Goethe, in visita a Napoli alla fine del 1700, scrive: ” Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti…”

ZEPPOLELa zeppola fritta, però, ha origini molto più antiche: i Romani, il 17 marzo, celebravano Liberalia e Baccanali e le matrone offrivano frittelle di frumento fritte nello strutto e intinte nel miele. La prima ricetta scritta delle zeppole è di Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino che,nel 1837, rifacendosi forse alle frittelle dei romani, ci presenta le sue zeppole. Forse, però, la creazione della zeppola come noi oggi la intendiamo la si deve al pasticcere napoletano Pasquale Pintauro che, il 19 marzo del 1840, immerse per la prima volta nell’olio la zeppola di San Giuseppe. Molti ne hanno tessuto le lodi : da Giovanni Bideri, nel suo ” Passeggiata per Napoli e contorni” scrive: ” Napoli inventò le zeppole / tutta l’Italia / se ne leccò le dita “, all’apprezzamento spontaneo e genuino dei cantastorie dell’epoca che, per lodare Rinaldo, ” O palatine e Francia, o cchiù putente ” non trovarono espressione migliore di questa : ” E se magnava e zeppule vullente! ” Ecco la ricetta delle zeppole napoletane per 6-8 persone: per la pasta: 6 uova, 300 grammi di farina, 50 grammi di burro, ½ litro d’acqua, zucchero a velo; mentre per la crema pasticcera usate: 50 cl di latte, 2 uova, 100 grammi di zucchero, 80 grammi di farina ed 1 limone. Per realizzare la pasta: versate in una pentola l’acqua con il burro ed un pizzico di sale, accendete il fuoco a fiamma media e quando l’acqua comincerà a fare le prime bollicine versate la farina setacciata tutta insieme, mescolando energicamente per 10 minuti con la frusta fino a che il composto non si staccherà dai bordi della pentola.

ZEPPOLE 3Spegnete il fuoco, aggiungendo le 6 uova, uno alla volta, girando sempre con forza finchè non si sarà amalgamato tutto il composto e lasciate riposare per 20-25 minuti. Per la crema pasticcera: lavorate in un recipiente lo zucchero con i tuorli di due uova, fino ad ottenere un composto bianco e spumoso, aggiungendo la farina setacciata con un colino per non formare grumi, il latte e due pezzetti di buccia di limone. Ponete il recipiente sul fuoco a fiamma media e addensate la crema senza far bollire, mescolando continuamente con un cucchaio di legno. Togliete le bucce di limone e lasciate raffreddare. Per terminare le zeppole: riempite una casseruola dai bordi alti con olio per friggere, in modo da immergere le zeppole completamente in esso e farle gonfiare. Le zeppole, ottenute riempendo di pasta una siringa da pasticcere con bocca larga, vanno fatte scivolare l’una alla volta nell’olio ben caldo ma non fumante, cuocendole fino a quando non si gonfiano. Riempite di crema pasticcera, con mezzo cucchiaino di confettura di amarene o amarene sciroppate, vanno cosparse di zucchero a velo.

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