Medicina: morti improvvise in campo, nuovo gene sotto accusa

MeteoWeb

Il volto di Piermario Morosini, crollato in campo il 14 aprile 2012 al 31esimo minuto di Pescara-Livorno, è un ricordo indelebile per milioni di italiani amanti del calcio. Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, Arvc, è il nome della malattia che gli ha fermato il cuore a soli 25 anni. Adesso ha una spiegazione in più grazie a uno studio firmato dagli scienziati dell’Istituto Auxologico italiano di Milano insieme a un gruppo di colleghi sudafricani, pubblicato su ‘Circulation Cardiovascular Genetics’ e illustrato oggi nel capoluogo lombardo. Il lavoro svela una nuova mutazione genetica responsabile della Arvc: il gene colpito si chiama CDH2 e la scoperta apre a nuove strategie di prevenzione. La possibilità inedita di salvare giovani vite votate allo sport. La Arvc, spiegano gli esperti milanesi, è una patologia genetica che predispone all’arresto cardiaco e rappresenta una delle principali cause di morte improvvisa tra ragazzi sportivi e atleti. Ogni anno in Italia muoiono improvvisamente circa 50 mila persone, e le forme ereditarie di cardiomiopatia hanno un ruolo preminente all’origine di questi decessi nei giovani under 35. Nella Arvc, in particolare, il tessuto cardiaco viene sostituito da tessuto adiposo e fibroso; questo processo favorisce lo sviluppo di aritmie come tachicardia e fibrillazione ventricolare, che provocano perdite di coscienza e arresto cardiaco. Nel caso di fibrillazione ventricolare, senza una pronta defibrillazione elettrica la morte arriva in pochissimi minuti. Il nuovo studio è frutto di una collaborazione internazionale iniziata 15 anni fa, tra l’équipe di Peter Schwartz e Lia Crotti dell’Auxologico e dell’università di Pavia, e quella diretta da Bongani Mayosi dell’università di Cape Town e del Groote Schuur Hospital. Lo stesso dove 50 anni fa Christian Barnard eseguì il primo trapianto di cuore. Gli scienziati sono partiti dal caso di una famiglia sudafricana affetta da Arvc, seguita da Mayosi da circa 20 anni, e segnata da più casi di morte improvvisa giovanile. Escluse tutte le cause genetiche note finora, Crotti, responsabile degli studi di genetica delle malattie cardiache ereditarie dell’Auxologico Italiano, ha sequenziato tutte le regioni codificanti del genoma in 2 pazienti della famiglia. E partendo da oltre 13 mila varianti genetiche comuni ai 2 malati, è arrivata a identificare il gene responsabile della patologia nel loro nucleo familiare. Si tratta appunto del gene CDH2 che regola la produzione della Caderina 2 o N-Caderina, proteina fondamentale per la normale adesione tra le cellule cardiache. La mutazione del gene porta a una produzione alterata di questa sostanza chiave. Una volta individuato il gene, gli studiosi hanno validato la scoperta trovando una seconda mutazione sempre all’interno di CDH2, in un paziente con cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro appartenente a un’altra famiglia. Era già noto da precedenti ricerche – ricordano gli autori – che topi geneticamente modificati, in cui la proteina di CDH2 è assente a livello cardiaco, tendono a sviluppare aritmie ventricolari maligne e a morire improvvisamente. “L’importanza della scoperta è duplice e ha un impatto sia scientifico sia clinico”, evidenziano dall’Auxologico. “Da un lato aiuta a chiarire i meccanismi genetici alla base della Arvc; dall’altro rende possibile l’identificazione precoce di molti pazienti ignari di essere affetti dalla malattia. Spesso, infatti, i suoi segni clinici diagnostici diventano chiari solo dopo molti anni”. Grazie al nuovo studio, affermano i ricercatori, “se di un soggetto in cui viene fatta la diagnosi clinica adesso scopriamo che è portatore di una mutazione del gene CDH2, potremo in poche settimane sapere se altri membri della sua famiglia sono geneticamente affetti, e potremo iniziare immediatamente strategie di prevenzione. Questo potrà portare a una riduzione dei casi di morte improvvisa nei pazienti con Arvc”. Il traguardo tagliato oggi, precisa una nota, “non sarebbe stato possibile senza la collaborazione scientifica avviata in Sud Africa nel 2000 tra i professori Schwartz e Mayosi, e supportata da un significativo finanziamento da parte del ministero degli Affari esteri all’interno dei Progetti bilaterali di grande rilevanza scientifica”. Da 17 anni Schwartz compie missioni di ricerca in Sud Africa, lavorando sia all’università di Cape Town sia nell’ateneo di Stellenbosch, dove ha già messo a segno importanti scoperte sui geni che aumentano o riducono il rischio di morte improvvisa. Il Centro per le aritmie cardiache di origine genetica, diretto da Schwartz, è una struttura dell’Istituto Auxologico italiano, Irccs riconosciuto dal ministero della Salute che ne sostiene la ricerca scientifica. Gli studi sulle aritmie genetiche vengono finanziati anche dai National Institutes of Heath americani e dalla Comunità europea.

Condividi