Avete mai provato a parlare al contrario? C’è chi ci riesce con estrema naturalezza, chi ci riesce ma a fatica, e chi proprio non ce la fa. Ebbene, si tratta di un fenomeno sottovalutato e i pochi studi esistenti ne hanno svelato solo in parte l’origine. La capacità, in genere innata e non dipendente da esercitazioni e allenamenti mirati, di parlare al rovescio appartiene a un numero ancora non ben definito di persone. Si tratta di un fenomeno in genere ignorato dalla psicologia e dalla neurologia, ma che si palesa già in età infantile, all’improvviso, quando il bambino inizia a rovesciare le parole, anche ad una certa velocità. A quel punto i genitori, in base alla proprio indole, hanno due tipi di reazione: o vanno orgogliosi del proprio pargolo, oppure iniziano a pensare di farlo esorcizzare, dato che recitare, ad esempio, l’Ave Maria al contrario è considerato un tipico rito satanico.
In realtà, non c’è nulla di ‘losco’ e di oscuro nel parlare al contrario. Si tratta di una particolare dote, che se ben ‘coltivata’ può diventare un talento inusuale, utile per ora solo a stupire amici e conoscenti. In inglese si chiama “mirror speaking”, ovvero parlare allo specchio. Chi riesci a farlo non è geniale, ma ha semplicemente un particolare sviluppo dell’emisfero destro del cervello. Come spiega il neurologo di Reggio Emilia Renato Cocchi, unico in Italia ad occuparsi di questo fenomeno, “è la parte del cervello deputata a sopprimere la percezione del contrario, sia esso di una parola orale, scritta o di un sentimento, ma in queste persone il meccanismo soppressivo svanisce“. “Tutti percepiamo le parole al rovescio – precisa Cocchi -, perché ogni segnale che arriva al nostro cervello produce due immagini: una normale e una al contrario. La maggior parte delle persone ha la dominanza emisferica a sinistra per il linguaggio: se io dico “Roma”, il cervello di sinistra registra regolarmente “Roma”, ma quello di destra riceve contemporaneamente “Amor””.
Chi rovescia parole e frasi fa dunque ricorso all’emisfero destro che, nella maggioranza delle persone, resta meno utilizzato. Il dottor Cocchi studia da tempo questa alterazione del cervello, dovuta a fattori di varia natura, e negli anni Ottanta ha avuto la prima conferma alle sue teorie. Nell’Istituto neurologico Mondino di Pavia, dove lavorava, avviò i primi test su Paolo Viale Marchino, giovanissimo ‘mirror speaker’ che aveva iniziato a parlare al contrario dopo un’operazione al cervello. «Marchino, all’età di nove anni, era stato operato all’emisfero destro, affetto da un tumore benigno» racconta Cocchi. «Dopo l’operazione iniziò a rovesciare spontaneamente le parole e a capire più difficilmente la matematica, materia in cui eccelleva prima dell’intervento». Il neurologo prese in carico il suo caso e alla fine stilò un interessante saggio che fu pubblicato da una rivista scientifica belga. Sono passati trent’anni, ma questi studi non hanno avuto grande seguito.
“L’emisfero destro è la sede della creatività, dell’irrazionalità, delle abilità artistiche, ma è probabile che chi parla al contrario abbia anche una buona predisposizione per la matematica in senso astratto» sottolinea il neurologo. «Nulla a che fare con conti e operazioni, che fanno capo all’emisfero sinistro, ma con la capacità di schematizzare e avere visione di insieme». L’emisfero destro ospita anche l’intuito ed è difficile stabilire se i mirror speakers leggano velocemente le parole al rovescio o le percepiscano per intuizione: “Probabilmente si verificano entrambe le cose” dice Cocchi, che precisa che chi parla al rovescio tende in genere ad essere un indeciso: “Non essendoci, in questi soggetti, un emisfero dominante sull’altro, ogni decisione presuppone, in egual misura, la valutazione del suo contrario. Nulla di allarmante per chi si limita a girare le parole. Il problema può arrivare quando si passa ai sentimenti, che pur essendo positivi si esprimono al negativo. In questo caso, lo studio del mirror speaking può essere di aiuto nella cura di alcuni tipi di depressione o di altre patologie neurologiche”.