Spesso si parla di decisioni prese ‘di pancia’, come se il regista occulto delle emozioni fosse proprio lì sotto il nostro ombelico. Non è solo un modo di dire. Da tempo la scienza indaga sul ‘secondo cervello’ di cui la natura sembra averci dotato: l’intestino, popolato da colonie di microrganismi. L’obiettivo dei ricercatori è far luce sui complessi meccanismi che sembrano legare il microbiota alla nostra mente. In questa missione ora scende in campo anche l’ingegneria made in Italy, che punta a un’innovativa piattaforma basata su tecnologie ‘organ-on-chip’ per studiare l’asse microbiota-intestino-cervello, e il legame fra la flora batterica intestinale e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson. E’ l’ambiziosa sfida che si pone il progetto di 5 anni ‘Minerva’, finanziato dalla Comunità europea nell’ambito del bando Erc Consolidator Grant 2016 di Horizon 2020 con 2 milioni di euro. Sede operativa sperimentale di Minerva: due laboratori allestiti ex novo nel Dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica ‘Giulio Natta’ del Politecnico di Milano. Il punto di partenza è l’ipotesi per cui “la microflora presente nel nostro intestino, il microbiota intestinale, impatta sulle funzioni del cervello secondo un complesso insieme di meccanismi biochimici, coinvolgendo organi periferici con modalità ancora parzialmente oscure”, spiega la coordinatrice Carmen Giordano. La stessa connessione microbiota-cervello, sottolinea Giordano, “è ancora da considerarsi un’ipotesi poiché basata su evidenze sperimentali e cliniche cui però manca ancora un comprovato nesso causa-effetto. Il progetto si propone di realizzare un’innovativa piattaforma ingegnerizzata multiorgano, prima nel suo genere, basata su tecnologie ‘organ-on-chip’ d’avanguardia. Consentirà di esplorare in modo del tutto nuovo, simulandole su un banco da laboratorio, le connessioni dell’asse microbiota-intestino-cervello in condizioni sia fisiologiche sia patologiche, aprendo così la strada allo studio di nuove strategie terapeutiche”. Il cuore operativo di Minerva sarà un gruppo di giovani ricercatori reclutati ad hoc – ingegneri, biologi, biotecnologi – che si interfacceranno con neurologi e gastroenterologi già impegnati nello studio di queste interazioni ‘pancia-testa’. “Minerva è un progetto molto ambizioso: prevede sfide tecnologiche e scientifiche di natura interdisciplinare molto complesse in un ambito che rappresenta una nuova frontiera della ricerca biologica e medica”, continua Giordano. “Lo stesso design della piattaforma nasce da un lungo confronto con Diego Albani, ricercatore nell’ambito delle neuroscienze nell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, con cui collaboro da molti anni, e con Manuela Raimondi, professore di bioingegneria nel mio stesso dipartimento, che coordina due progetti Erc per lo sviluppo di dispositivi tecnologici per lo studio di cellule staminali”. Tutto questo è un inizio, nella visione di Giordano: “Minerva propone un percorso impegnativo, ma rappresenta un’opportunità unica per dare il nostro contributo alla comprensione e al trattamento di patologie altamente invalidanti quali quelle neurodegenerative che ad oggi possono avvalersi solo di terapie sintomatiche e non curative”.