Nella sanità italiana c’è una ‘macchina da guerra’, avamposto della ricerca scientifica, che nonostante abbia sempre meno benzina nei serbatori – con il diminuire dei fondi per la ricerca corrente – lancia il motore a tutto gas. E’ la ‘truppa’ dei 49 Irccs italiani, che impiegano oltre 10 mila ricercatori. Questi istituti nel 2015 hanno viaggiato al ritmo di 693.800 ricoveri e nelle sole ‘aree di riconoscimento’ hanno prodotto 11.857 pubblicazioni scientifiche (583 in più dell’anno prima), totalizzando un impact factor di 50.984 punti, ben 3.187 in più rispetto all’anno precedente (+6,55%). Il quadro emerge dal Report sui risultati 2016 della ricerca corrente, non ancora ufficializzato dal ministero della Salute. Alla famiglia negli ultimi 5 anni si sono aggiunti 3 istituti – il Mario Negri di Milano, l’oncologico Candiolo nel Torinese, l’Ismett di Palermo – mentre i fondi sono di fatto diminuiti, sia in termini assoluti sia in relazione alla quota media disponibile per ciascun centro (l’effetto è quello di una torta che resta più o meno la stessa, se non diminuisce come nel 2016, e i centri che devono dividersela aumentano). Pur in queste condizioni, la produttività scientifica ha comunque fatto un notevole balzo in avanti, come si evince dai trend delle pubblicazioni e dell’impact factor. Nel 2016 i fondi per la ricerca corrente sono stati pari a 163 milioni di euro, nel 2000 erano 12 in più. E sono lontani i picchi toccati nel 2008 e nel 2007 (204 e 203 milioni di euro). Tolte alcune voci (come i finanziamenti dei progetti Eranet-Jpi, per le reti Irccs tematiche per specialità o per il Cbim e la rete Garr che garantiscono infrastrutture digitali, gestione del sistema informativo e servizi innovativi in grado di collegare il mondo di università e ricerca), il totale che è stato ripartito su parametri competitivi ammonta a 145,8 milioni di euro, contro i 155,8 del 2015 (-6,45%). Il che significa che ogni Irccs ha avuto a disposizione in media 205 mila euro in meno (chi più e chi meno a seconda dei ‘punteggi’ ottenuti per ogni parametro considerato ai fini della ripartizione). La quota di finanziamento medio disponibile per istituto, a moneta costante, in 16 anni è scesa da 5 milioni a 2,17. Indipendentemente dai fondi, però, la capacità di produzione scientifica si è intensificata, ha continuato a crescere in qualità e l’impact factor normalizzato presentato è più che raddoppiato dal 2004 al 2015. Certo sono aumentati gli Irccs, ma non basta a spiegare l’impennata. I fondi per la ricerca corrente vengono ripartiti sulla base di parametri legati alla produzione scientifica che pesano più di tutti (55%), all’attività assistenziale e alla capacità di operare in rete. E il 52% del peso totale di questi parametri (che si trasformano in finanziamenti) si concentra su 13 Irccs, di cui 7 lombardi. Quanto al peso degli istituti per parametri scientifici, 10 Irccs, fra cui gli stessi 7 istituti lombardi, rappresentano il 50% (32 risultano sotto la media nazionale), e in 11 centri – la ‘squadra’ è praticamente sovrapponibile – si concentra il 51% dell’impact factor normalizzato validato. E’ un centro milanese ad attrarre il maggior volume di finanziamenti non ministeriali (che nel 2016 sono stati in totale oltre 145,4 milioni): è l’Ieo con quasi 20 milioni, laddove la media nazionale è poco sopra i 2,9. Se invece si guarda ai finanziamenti ottenuti da privati per progetti di ricerca (in totale circa 90,1 milioni) a svettare è il San Raffaele di Milano, vicino alla quota di 26 milioni, seguito molto a distanza dal Cro di Aviano e dall’Ieo, e a fronte di una media nazionale di 1,8 milioni. Vanta il più alto numero di pazienti extra regione dimessi il Bambino Gesù di Roma (oltre 22 mila), seguito dall’Humanitas e dal San Raffaele di Milano. L’ospedale pediatrico della Capitale attira anche più pazienti che arrivano da Paesi europei (oltre 1.600). Alle sue spalle in questo caso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) e un altro ospedale pediatrico, il Gaslini di Genova. “Questi grafici non possono assolutamente essere letti come delle classifiche – precisa all’AdnKronos Salute chi negli Irccs italiani ci opera – perché in primo luogo la famiglia degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico è molto eterogenea: ci sono centri pubblici e privati, fondazioni e Spa, grandi ospedali, policlinici, piccole strutture, centri monospecialistici. Anche le aree di riconoscimento degli Irccs (più o meno ampie) incidono per esempio sul numero di pubblicazioni e sui risultati che vengono presi in considerazione dal ministero. Si sentiva l’esigenza di una omogeneizzazione. E infatti ci viene proposta una sorta di ‘riforma’ per definire meglio le aree di tutti e metterci nelle stesse condizioni”. “Si sta facendo uno sforzo apprezzabile”, sottolineano gli addetti ai lavori. Quest’anno, per esempio, è stato affrontato con un gruppo di lavoro composto da 4 direttori scientifici il nodo dei trial. Dai dati del Report 2016 emerge che su 8.201 clinical trial dichiarati, ne sono stati ritenuti valutabili 4.577. “Vengono ora definiti meglio il concetto di clinical trial e i criteri di selezione di quelli valutabili ai fini del conteggio del finanziamento della ricerca corrente. Criteri diventati più stringenti”. (AdnKronos)