Un amore per la neurologia sbocciato in Sicilia, dove è nata e da dove è partita per un lungo viaggio che l’ha spinta a vagare, lasciandosi l’Italia alle spalle per poi ritornare. Perché la sua terra le è rimasta nel cuore. Lei che viene da una famiglia con la terra nel Dna, nonno contadino, papà con un’azienda agricola. Nessun medico. Eppure Mariangela Panebianco, 41 anni, il camice lo ha sempre sognato, inseguito. Da una laurea ad appena 24 anni con 110 e lode all’università della sua città natale, Catania, fino a Roma per completare la specializzazione a 29 anni. Dall’Italia all’estero: Regno Unito, Francia. E poi di nuovo in Italia, ospedale di Legnano alle porte di Milano. Lavoro “matto e disperatissimo”, due giri di boa, con una bimba piccola come compagna di viaggio, la figlia che oggi ha quasi 9 anni, è cresciuta in un college ed è bilingue. L’etichetta che le si applica è quella classica di ‘cervello di ritorno’. Ma Mariangela si guarda indietro e tira le somme di una vita con la valigia sempre in mano. “Sono soddisfatta – dice – di essere stata inserita in Italia in un ospedale moderno come quello di Legnano. Sono contenta di aver cercato, ricercato ed essere approdata qui. Sono felice di non aver ceduto alla frustrazione iniziale della professione, quando tutto appariva in salita, con pochissime prospettive, trasformando l”handicap’ in risorsa. Se non avessi lasciato la mia terra oggi non sarei quella che sono”. La prima svolta arriva nel 2010, con la vittoria di un dottorato di ricerca internazionale in Neurobiologia. Prende la piccola di 4 anni e vola all’università di Liverpool. Il marito rimane al suo lavoro in banca. E’ difficile, ma Mariangela entra a far parte di “un grande team universitario. Faccio ricerca scientifica – racconta – in particolare utilizzando le tecniche di mappatura cerebrale. Divento autore ‘Cochrane’ per l’Epilepsy Group e inizio a pubblicare reviews e a collaborare con autori di tutto il mondo. Sono ancora oggi membro attivo della Cochrane Library International”. Il suo pellegrinaggio non si ferma. Sempre in Gb, a Liverpool, arriva il contratto da dirigente neurologo al The Walton Center Hospital, “ospedale universitario, centro di eccellenza nelle neuroscienze”, ricorda ancora Panebianco. La sua firma su un capitolo di un libro di Neuroanestesiologia per Elsevier, poi la Francia nel suo destino. Almeno per due mesi, trascorsi all’università Pitié-Salpêtrière di Parigi, contribuendo a uno studio clinico congiunto sullo stroke. Seconda svolta nella vita di Mariangela: è il 2015 e nel pieno della carriera nel Regno Unito decide di rientrare in italia. “Torno in Sicilia, ma l’università non vuole perdermi, mi offre un contratto part-time da ricercatore per l’Istituto di medicina traslazionale che mi riporta a Liverpool a periodi alterni. Oggi sono ancora ricercatore onorario”. A inizio 2016 l’incontro con Patrizia Perrone, “il mio attuale primario, persona straordinaria”. Mariangela affronta il concorso per un posto da dirigente in Neurologia all’ospedale di Legnano. “Lo vinco e inizio a lavorare qui dallo scorso maggio”. Il passaggio da un ospedale universitario a un ospedale pubblico si sente: “In Inghilterra i tempi dettati dalla ricerca erano più rilassati, i medici non indossano il camice, solo un distintivo di riconoscimento, nessuno manca al briefing del mercoledì che si conclude sempre con uno spuntino collettivo. L’abito è fondamentale: la volta che ho indossato i jeans ho rischiato di essere sbattuta fuori dal reparto. Ho riparato comprando un tailleur”. A Legnano “ho trovato un ospedale di frontiera, per acuti, dalle risposte rapide e i ritmi intensi. Usiamo il camice, certo, e sappiamo essere ‘prossimi’ a chi sta male”. Perché tornare in Italia? “E’ difficile dare un’unica razionale risposta. In Inghilterra ho ottenuto riconoscimenti e prestigio, ma l’Italia mi mancava. Volevo riunire la mia famiglia. Ma forse la motivazione più grande è stata il voler essere riconosciuta e apprezzata qui”, riflette. Liverpool “l’esperienza più forte” della sua vita. “Ho avuto il privilegio di lavorare con professori come Tony Marson, una mente della neurologia mondiale. I colleghi inglesi mi hanno aperto le porte delle loro case, hanno permesso che mi integrassi totalmente. Sono profondamente grata a tutti loro. Sono tornata arricchita da un punto di vista professionale, ma anche umano”, precisa. Oggi Mariangela vive divisa fra reparto, neurofisiologia e cura dell’epilessia, al quarto piano area B. Fino al sabato quando fa le valigie e corre in aeroporto, destinazione Catania, dove l’aspettano il marito e la figlia. Italiana, cittadina del mondo, poco importa. Quello che conta è la passione. “Ancora adesso – assicura – vivo un insieme di entusiasmo, nostalgia e speranza per il futuro”.