Salute: troppi antibiotici per le cure dentali, il 50% inutili

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La parodontite colpisce circa il 50% della popolazione ma solo 5 milioni di italiani vengono sottoposti a terapie specifiche, a cui non accedono oltre 20 milioni. Inoltre 4 volte su 10 il paziente esce dal dentista con la prescrizione di antibiotici, che però in più del 50% dei casi non sono necessari. A lanciare l’allarme gli esperti della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp) in occasione del XVIII Congresso internazionale su parodontologia e SALUTE orale in corso a Rimini, riferendo i risultati di un’indagine condotta da Key-Stone su 1.500 dentisti di 6 Paesi europei fra cui l’Italia. Sul fronte della prescrizione antibiotica la ricerca descrive un’Europa spaccata in due. Se nei paesi del nord il ricorso al farmaco è limitato al minimo, con la Svezia al 9% di prescrizioni, il Regno Unito al 18% e la Germania al 20%, nei paesi del Mediterraneo le percentuali raddoppiano arrivando al 40%, con Francia e Italia tra le peggiori in Europa. “Queste differenze si spiegano con le linee guida dei vari Paesi e la diversa copertura odontoiatrica da parte del Sistema sanitario – commenta Claudio Gatti, presidente Sidp – In Italia l’attività odontoiatrica è quasi tutta privata mentre in altri Paesi l’odontoiatria pubblica ha un peso più rilevante. Inoltre, il controllo capillare sulla somministrazione nei paesi nordici riduce il rischio dell’uso non appropriato”. Le ‘prescrizioni facili’ sono “pericolose perché oltre a esporre ai possibili effetti collaterali degli antibiotici, come reazioni allergiche, nausea, vomito e diarrea, favoriscono la comparsa di germi resistenti: l’antibiotico dovrebbe essere dato soltanto nei casi più gravi di parodontite e sempre in associazione alla rimozione professionale della placca batterica – osservano ancora dalla Sidp – L’antibiotico non deve mai essere usato come unica terapia ad eccezione di situazioni acute come l’ascesso dentale, con una durata variabile a seconda del principio attivo ma mai inferiore ai tre giorni”. Per Mario Aimetti, presidente eletto Sidp e professore di parodontologia all’Università di Torino, “gli antibiotici hanno senso nelle forme più gravi e comunque soltanto in associazione alla disgregazione della placca batterica con terapia professionale. In caso contrario sono destinati a essere quantomeno inefficaci: la placca è un biofilm dove sono presenti enormi quantità di batteri, in un millimetro cubo ci sono oltre 100 milioni di microrganismi e in un dente poco pulito anche 10 millimetri cubi di placca. In queste comunità batteriche si sviluppano germi patogeni che possono attaccare le gengive, ma si trovano in profondità e non vengono raggiunti dall’antibiotico se la placca non viene spezzata”. “Inoltre – aggiunge Aimetti – la prescrizione eccessiva aumenta il rischio che si sviluppino resistenze, un fenomeno molto pericoloso se pensiamo che ogni anno nel nostro Paese si registrano più di 5 mila vittime per i germi resistenti ai farmaci. Un antibiotico dato senza un’adeguata terapia di supporto e senza le opportune istruzioni per la corretta igiene orale, è spesso inutile e potenzialmente pericoloso”.

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