Un milione, forse un milione e mezzo di ‘ricoveri fantasma’, che non vengono considerati tali. E che fanno diminuire considerevolmente il conteggio finale. Un carico assistenziale che pesa impropriamente sulle spalle delle équipe di pronto soccorso, che già fronteggiano il sovraffollamento in crescita in tutta Italia e di cui questi ‘ricoveri’ sono principale causa. Si tratta infatti di tutte le persone che non riescono a essere trasferite nei reparti per mancanza di posti letto e rimangono in pronto soccorso per alcuni giorni, fino alle dimissioni. A denunciare il problema Massimo Magnanti, segretario del sindacato professionisti emergenza sanitaria (Spes), al margine del convegno Fimeuc a Roma, per i 25 anni dell’istituzione del sistema di emergenza urgenza. Il sovraffollamento dei pronto soccorso, spiega Magnanti, “è un fenomeno che continua a crescere. E ciò soprattutto perché queste strutture sono trasformate in reparti di degenza, cosa che non gli compete. I medici si ritrovano a dover gestire pazienti che hanno deciso di ricoverare, ma per i quali non si trovano letti. Eppure l’Italia è uno dei Paese in cui si ricovera di meno da pronto soccorso: siamo soltanto al 14%, contro il 18,5-19% degli Stati Uniti e di Gran Bretagna. Una differenza che non è reale, però: è rappresentata infatti da quel 4-5% di persone gestite in pronto soccorso per alcuni giorni e poi dimessi. Ricoveri fantasma, ma in realtà concreti come bisogno, che scompaiono dalla realtà dei dati e pesano sugli organici già in affaticamento dei pronto soccorso”. Tra i problemi da considerare i nuovi standard ospedalieri. “Sarebbe necessario verificare – conclude Magnanti – se i posti letti per acuti attuali sono davvero sufficienti. Personalmente non mi sono chiari i criteri che hanno portato a stabilire 3 posti letto per mille abitanti. E’ una delle proporzioni più basse del mondo. La Germania sta a 7 posti letto, la Francia a 5. Perché siamo arrivati a questo? C’è stato forse uno sviluppo del territorio che ha consentito l’abbassamento? In realtà temo però che si sia trattato solo di ragionamento di tipo economico, perché era necessario tagliare in sanità. E che quindi non sia stata l’assistenza la priorità” .