La variabilità genetica presente oggi in Sardegna è riconducibile a una massiccia migrazione avvenuta dal continente durante il Neolitico e differisce molto da quella dei primi abitanti dell’isola. A questa evidenza è arrivata una ricerca coordinata da David Caramelli del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, condotta sul Dna mitocondriale di fossili umani risalenti al Mesolitico del sito di Su Carroppu di Sirri (a Carbonia) che rappresentano la più antica testimonianza della presenza umana nell’isola (circa 10mila anni fa). Questo lavoro è stato oggetto di un articolo pubblicato dalla rivista “Scientific Reports” che porta anche la firma della ricercatrice fiorentina Alessandra Modi e della collega Silvia Ghirotto dell’Università di Ferrara. Lo studio si è svolto inoltre in collaborazione con Carlo Luglié dell’Università di Cagliari. “Quello che abbiamo estratto dai resti di Su Carroppu ed esaminato attraverso le tecnologie più avanzate per la caratterizzazione di Dna mitocondriale rappresenta il primo dato genetico disponibile della storia umana della Sardegna – spiega David Caramelli -. Le sequenze ottenute sono state confrontate con dati genetici antichi e moderni, di fossili dell’isola e del continente, e suggeriscono una discontinuità della struttura genetica avvenuta circa 3.000 anni fa con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori“. Già in epoca preistorica la popolazione sarda era diversa da quella del resto d’Europa. “Le sequenze mesolitiche di Su Carroppu – prosegue Caramelli – appartengono infatti ai cosiddetti gruppi J2b1 e I3, oggi presenti nel vecchio continente con frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I, <3%), mentre non è stato riscontrato il gruppo U, che invece è portato da più dell’80% degli individui mesolitici finora studiati in Europa“. “Questo lavoro – conclude Caramelli – costituirà un riferimento per le future ricerche sul popolamento dell’Italia e del sud Europa che è stato estremamente complesso e manca ancora di importanti tasselli“.