Sport e immigrazione: sul campo l’integrazione fa goal

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Circa l’80% dei ragazzi pratica sport fuori dell’orario scolastico ma il gap nell’accesso a questa attività è particolarmente ampio fra i ragazzi italiani e quelli con background migratorio. L’86% dei primi fa sport, percentuale che scende di sette punti tra i figli di coppie miste e, ancor più, fra i giovani nati all’estero (63%). Sono alcuni dati dell’indagine su ‘Sport e integrazione’ svolta dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps), nell’ambito dell’Accordo di programma tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Coni per la promozione delle politiche di integrazione attraverso lo sport. I risultati dell’indagine sono stati presentati di recente durante un workshop tenutosi presso la sede centrale del Cnr.

“Lo studio si è avvalso di interviste realizzate all’inizio dell’anno scolastico 2016-2017 a oltre 1.200 studenti delle scuole secondarie di primo grado e ad alcuni dei loro docenti”, spiega Adele Menniti del Cnr-Irpps, coordinatrice della ricerca. “Lo sport riscuote grande consenso ed entusiasmo: il 95% dei ragazzi ha attribuito un punteggio superiore a 8 su 10. Le motivazioni sono diverse: piacere e divertimento, oltre che l’opportunità di socializzare e stare bene in salute. La metà dei ragazzi  predilige sport di squadra e calcio e la pallacanestro raggiungono la stessa preferenza del 21%”.

I bambini e gli adolescenti nel nostro Paese sono oltre 10 milioni e di questi circa il 10% sono nati da genitori non italiani. Nella scuola, la presenza di studenti con cittadinanza non italiana è in crescita: dai 196 mila nel 2001-2002 si è passati agli attuali 814 mila. Qual è il ruolo dello sport per favorire l’inclusione sociale? “Il numero di amici su cui si può contare è uno degli indicatori di integrazione e, tra gli stranieri, ne ha più di cinque il 29% di chi non pratica sport mentre la percentuale arriva al 51% tra quelli che svolgono attività sportiva. Un evidente quanto utile fattore di integrazione, quindi gli studenti con genitori italiani si dividono quasi a metà fra chi indica nella propria cerchia solo amici italiani e chi sia italiani sia stranieri, mentre appena l’8% dei ragazzi con background migratorio dichiara di avere esclusivamente amici di origine straniera”.

La pluralità conseguente all’immigrazione sembra insomma metabolizzata e accettata dalla maggioranza degli studenti, a livello sia di esperienze relazionali sia di risposte, da cui emerge un atteggiamento abbastanza positivo: “Il 70% degli intervistati con genitori italiani è contrario a squadre composte da soli italiani, un’opinione condivisa dal 90% degli stranieri. Ma l’idea che ‘Quando si fa il tifo per la propria squadra può capitare un gesto violento’, pur rigettata dalla maggioranza, registra un dissenso di misura se confrontato con quello sugli altri temi proposti: l’11% dei giovani si dichiara addirittura ‘molto d’accordo’ che l’aggressività possa essere una componente delle manifestazioni di sostegno alla squadra del cuore”, conclude la ricercatrice. “I principi fondanti dello sport appaiono ben radicati nella strutturazione pur incompleta del sistema di valori dei giovani. Tuttavia le esperienze, gli atteggiamenti e i comportamenti risentono di altre importanti dimensioni come il genere, il background migratorio e lo status economico”. Il gruppo di ricerca Irpps-Cnr che ha realizzato lo studio è composto da Marco Accorinti, Maria Girolama Caruso, Loredana Cerbara, Maura Misiti e Antonio Tintori.

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