E’ morto nella sua casa di South Berwick, nel Maine, dove aveva vissuto per 30 anni, Robert M. Pirsig, autore del bestseller “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta“. Pirsig, 88 anni, originario del Minnesota, è morto ieri “dopo una malattia“, ha detto il suo editore. Il suo romanzo, divenuto un classico della filosofia popolare, era stato respinto da 121 editori prima di essere stampato nel 1974 da William Morrow. L’opera, “vagamente autobiografica” è la cronaca di un viaggio in moto padre-figlio: l’autore e il figlio Chris attraversano in motocicletta gli Stati Uniti dal Minnesota alla California. Un racconto di viaggio ricco di descrizioni particolareggiate e intercalato da digressioni di carattere filosofico. Quasi vent’anni dopo Pirsig ha pubblicato il seguito della storia nell’opera dal titolo “Lila: un’indagine sulla morale”.
“Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” (tradotto in italiano da Adelphi) è considerato un libro-simbolo della controcultura americana, il romanzo di un “itinerario della mente” in cui molti si sono riconosciuti. Questo romanzo è una “Grande Avventura”, a cavallo di una motocicletta e della mente, è una visione variegata dell’America on the road, dal Minnesota al Pacifico, e un lucido, tortuoso viaggio iniziatico. Pubblicato nel 1974 negli Stati Uniti dal piccolo editore William Morrow, prima opera di un autore sconosciuto, il libro ha avuto subito un successo immenso (cinque ristampe nello stesso mese, quando apparve l’edizione tascabile, con oltre 50mila copie vendute in poco tempo). Una mattina d’estate, il protagonista del romanzo sale sulla sua vecchia, amata motocicletta, con il figlio undicenne sul sellino e accanto a lui un’altra moto con due amici. Parte per una vacanza con “più voglia di viaggiare che non di arrivare in un posto prestabilito“. Ma fin dall’inizio tutto si mescola: il paesaggio, che muta di continuo dagli acquitrini alle praterie, ai boschi, ai canyons, i ricordi che dilagano nella mente, la rete tenace dei pensieri che si infittisce intorno al narratore. Per lui, viaggiare è un’occasione per sgombrare i canali della coscienza, “ormai ostruiti dalle macerie di pensieri divenuti stantii“. E altri pensieri crescono come erbe dalla cronaca del viaggio: l’amico si ferma, ha un guasto, impreca, non sa cosa fare. E il narratore si chiede: qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa? In che misura ci si deve occupare della manutenzione della propria motocicletta? Mentre guarda smaglianti prati blu di fiori di lino, gli si formula già una risposta: “Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore“. Questo pensiero è la minuscola leva che servirà a sollevare altre domande subito incombenti: da che cosa nasce la tecnologia, perché provoca odio, perché è illusorio sfuggirle? Che cos’è la Qualità? Perché non possiamo vivere senza di essa? Come un metafisico selvaggio, come un lupo avvezzo a sfuggire alle trappole dei cacciatori, che in questo caso sono le parole stesse, il narratore avanza con la sua moto per strade deserte o affollate, seguito dal fantasma di Platone e Aristotele, e soprattutto dal “fantasma della razionalità”, invisibile plasmatore della motocicletta e di tutto il nostro mondo. Ma nella sua ricerca una voce si incrocia con la sua, quella del suo Doppio, Fedro, che anni prima aveva pensato quelle stesse cose e, dietro di esse, aveva incontrato la follia. Tutti e due vogliono testardamente risalire a quel punto, oscuro e lontano, in cui “ragione e Qualità si sono staccate“. Giunti a quel punto, apparirebbe evidente, luminoso, che “la vera motocicletta a cui state lavorando è una moto che si chiama voi stessi“. Dopo diciassette anni di rigoroso silenzio, successivo all’uscita di “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, Pirsig si ripresenta ai lettori con il romanzo “Lila” (1991, tradotto in italiano da Adelphi), che è un caso singolarissimo di rinnovamento e insieme di tenace fedeltà agli stessi temi essenziali. Questa volta non è la moto, ma la vela; non le strade aperte della grande America, ma la corrente maestosa dello Hudson che discende verso New York. La mente che agisce e racconta è tuttavia la stessa, e continua a chiedersi: che cos’è la qualità? Il destino viene incontro al protagonista sotto forma di una bionda poco raccomandabile che appare in un bar di velisti. È Lila: una donna dalla vita losca e ambigua; ma è anche ‘lila’, che in sanscrito significa “il gioco del mondo”, quella fantasmagoria che Siva lascia accadere e per noi si confonde con la realtà stessa.