Vietate da sempre, ma comunque utilizzate da sempre: le armi chimiche causano una morte atroce e danneggiano l’ambiente per decenni. Gli armamenti chimici sono utilizzati ormai da oltre cento anni. L’attacco chimico su Idlib di due giorni fa, preceduto da quello sulla Ghouta, vicino Damasco, nell’agosto 2013, è solo l’ultimo di una serie iniziata già nel secolo scorso. La prima ad essere colpita fu Ypres, una cittadina fiamminga in Belgio. Era il 22 aprile 1915, quando i tedeschi portarono a termine il primo attacco chimico su vasta scala, nei confronti delle truppe francesi. Il giornale britannico Times diffuse per primo la notizia grazie ai suoi inviati al fronte. La descrizione dei giornalisti dell’epoca è degna del peggiore e più lugubre film horror: una nube acre, di color verdognolo, accompagnava le urla, via via piu’ flebili, dei soldati francesi, che cadevano al suolo come mosche asfissiate.
La scoperta e il collaudo dei primi armamenti chimici sono in genere attribuiti ad un chimico tedesco dell’epoca: Fritz Haber, che nel 1918 vinse anche il premio Nobel, per aver sviluppato un metodo utile a sintetizzare l’ammoniaca dai suoi elementi costituenti, l’idrogeno e l’azoto, ad alta pressione e temperatura. Cinque anni dopo l’attacco di Ypres, nel 1920, le tribù arabe e curde si rivoltarono contro l’occupazione britannica dell’attuale Iraq, scaturita dal Trattato di Sevres in seguito al collasso dell’Impero ottomano. Fu Winston Churchill, come Segretario delle Colonie, ad autorizzare quindi l’utilizzo di armi chimiche sui ribelli locali. “Sono a favore dell’uso di gas velenosi contro tribù non civilizzate” sentenziò. Tra il 1921 e il 1927, nel Marocco occupato dalla Spagna, le forze franco-spagnole lanciarono bombe all’iprite nel tentativo di spegnere la ribellione guidata dalle tribù berbere. Nel 1921 anche i sovietici utilizzeranno armi chimiche per sedare una rivolta di braccianti a Tambov, nella Russia sud-occidentale. Nel 1928 è stata invece la volta dell’Italia fascista, che utilizzo’ gas asfissianti come il fosgene (o cloruro di carbonile) e bombe di iprite per reprimere i ribelli in Libia. L’iprite fu poi usata anche in Etiopia nel 1935, sul fiume Tacazzé. Sia l’azione franco-spagnola che quella italiana non presero minimamente in considerazione la Terza convenzione di Ginevra, un protocollo firmato nel 1925 dalle sedici maggiori nazioni del mondo (eccetto gli Stati Uniti che lo ratificarono solo nel 1975) con il quale si vietava l’utilizzo di gas tossici. L’ammissione formale italiana sull’impiego di armi chimiche in Etiopia avvenne soltanto nel 1996, durante il governo di Lamberto Dini.
Durante la seconda guerra sino-giapponese (1937-45) e la seconda guerra mondiale le truppe giapponesi agli ordini del generale Shiro Ishii usarono contro i cinesi l’iprite e la lewisite, oltre ad armi batteriologiche che diffusero gravi malattie epidemiche come colera, tifo e dissenteria. Anche il Giappone violo’ la Convenzione del 1925, di cui era firmataria. Nell’ambito della ricerca scientifica la guerra chimica è stata ‘sdoganata’ e resa ancora più letale dalla Germania nazista: gli scienziati del Terzo Reich scoprirono infatti agenti chimici devastanti come il soman, il tabun – scoperto da Gerhar Schrader nel 1937 – e il sarin, che sono inodori e incolori, per cui molto difficili da individuare. L’intelligence tedesca, convinta erroneamente che i paesi nemici dell’Asse fossero a conoscenza dei loro progressi nella ricerca sulle armi chimiche, non le utilizzarono mai, convinti di andare incontro a dure rappresaglie.
Durante gli anni ’60, poi, gli Stati Uniti sperimentarono durante la guerra in Vietnam il BZ (3-chinochidlinile benzilato), un composto inodore e solubile che agisce sul sistema nervoso, compromettendo funzioni come la memoria, il pensiero logico, la comprensione. Secondo alcuni, il BZ fu utilizzato anche dalle Forze armate russe contro i militanti ceceni durante la crisi del Teatro Dubrovka nel 2002. Dopo che nel 1980 le Nazioni Unite iniziarono a lavorare a un programma di disarmo chimico, nel 1984 il presidente americano Ronald Reagan chiese una moratoria internazionale sulle armi chimiche. Seguì poi, nel 1990, la firma – da parte del presidente statunitense G.W. Bush e di quello sovietico, Mikhail Gorbaciov – di un trattato bilaterale sulla cessazione della produzione di agenti chimici e sulla distruzione graduale di quelle gia’ stoccate. Nel 1993 fu firmata la Convenzione delle Armi chimiche, che ebbe effetto a partire dal 1997.
Altri notevoli episodi di utilizzo di armamenti chimici si verificò durante la guerra Iran-Iraq, durata dal 1980 al 1988. All’inizio del conflitto, l’Iraq utilizzò il tabun e l’iprite attraverso bombe lanciate da aerei, di cui secondo le stime rimasero vittime circa 100.000 soldati iraniani. Il gas nervino utilizzato, secondo report ufficiali, uccise 20000 di essi, mentre degli 80000 sopravvissuti, circa 5000 ricevono ancora oggi regolare assistenza medica. L’ultimo e terribile atto si verificò però a guerra terminata: nel marzo 1988 l’Iraq utilizzò sarin, iprite e tabun in dosi massicce sul villaggio curdo di Hallabjah, uccidendo circa 5000 civili residenti. Nonostante la rimozione di Saddam nei primi anni del nuovo millennio, in Iran persiste tuttora un forte risentimento nei confronti dell’Occidente, dato che fu proprio grazie a compagnie occidentali basate in Germania, Francia e Stati Uniti che l’Iraq pote’ sviluppare e usare armi chimiche.
Nel 1995, come se non bastasse, entrò in scena l’uso di agenti chimici da parte di attori non statali, in particolari di gruppi terroristici: nel marzo di questo anno la setta religiosa degli Aum Shinrikyo ha rilasciato grandi quantità di sarin nella metropolitana di Tokyo, uccidendo 12 persone e ferendone circa 5000. Il fondatore del movimento, Shoko Asahara, fu condannato a morte tramite impiccagione nel 2004, e gli altri autori condannati a morte o all’ergastolo.
Il fosforo bianco (agente tossico per inalazione o ingestione, che provoca necrosi ossea e ustioni se entra a contatto con l’aria) è stato, infine, usato dalle Forze israeliane durante obiettivi militari in Libano nel 2006 e durante l’Operazione Piombo fuso sulla Striscia di Gaza, a cavallo tra il 2008 e il 2009. Secondo i dati di Amnesty International, confermati dall’indagine avviata dal CS dell’Onu in seguito al bombardamento di una sede dell’Unrwa a Gaza, Israele ha utilizzato missili a base di fosforo bianco, colpendo anche altri inermi obiettivi civili, come ad esempio l’ospedale al Quds di Gaza.