Sono circa 200mila i casi di ictus in Italia, di cui l’80% primi eventi e il 20% recidive, con un incremento del 2% circa in più l’anno rilevato dalle recenti statistiche sul campo. La causa è legata all’invecchiamento: poiché l’età media in Italia si sta innalzando, la tendenza è verso un aumento della sua incidenza. Nel contempo, però, si è ridotta la mortalità nella fase acuta: questo comporta un aumento della prevalenza, ossia la gestione dei pazienti che sopravvivono e rappresentano la quotidianità per chi si occupa di riabilitazione.
“Un paziente su tre mostra un disturbo di un linguaggio dopo un ictus dovuto alla lesione delle aree del linguaggio: è la conseguenza di una lesione celebrale generalmente localizzata nella metà sinistra del cervello. Parlare, ricordare, leggere può diventare un’impresa – spiega il Prof. Stefano Paolucci, Direttore UOC Fondazione S. Lucia IRCCS di Roma – e deve essere trattato in maniera adeguata. Quello che risulta ancora complesso è stabilire un trattamento che risulti omogeneo tra tutti gli specialisti nella cosiddetta medicina basata sull’evidenza. Quale dunque il trattamento ideale? Esistono alcune tecniche classiche, come anche stimolazioni magnetiche e farmacologiche, per affrontare il problema, ma non ci sono dati certi sulla terapia ideale”.
IL CONGRESSO SIRN 2017 – Se n’è parlato a Pisa, presso il Palazzo dei Congressi, in occasione del 17° Congresso Nazionale della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica – SIRN, presieduto dalla Prof.ssa Caterina Pistarini Direttore Istituti Clinici Scientifici Maugeri Genova Nervi. Al centro del confronto la prevalenza della malattia dell’ictus, le conseguenze per la disabilità del paziente, il ruolo della robotica. “Si va dalle neuroscienze alle abilità cliniche – dichiara la Prof.ssa Pistarini – Sono tematiche strettamente legate anche all’esperienza dell’Università di Pisa, che ha sempre dato un grande impulso alle attività di neuroriabilitazione della Società”.
CONTROLLARE PRESSIONE E CUORE, NIENTE FUMO – Come si può ridurre il rischio di ictus? “Occorre monitorare costantemente pressione e cuore – suggerisce il Prof. Paolucci – Bisogna sempre seguire il giusto trattamento terapeutico; svolgere una costante attività sportiva, va bene anche una passeggiata a passo spedito di 20 minuti; seguire una dieta mediterranea; evitare di fumare. Nella nostra esperienza abbiamo casi di ictus che hanno colpito giovani e giovanissimi, laddove però le concause si rinvengono in problemi cardiovascolari. In caso di ictus, la finestra di intervento in cui agire terapeuticamente è di 4/5 ore: entro 3 ore occorre arrivare al Pronto Soccorso. E’ necessario un intervento immediato, chiamando il 118, perché il primo soccorso possa indicare, dopo il triage, quale struttura ospedaliera coinvolgere per l’intervento. Le stroke unit, unità dedicate al trattamento nelle primissime fasi, non sono distribuite in maniera omogenea nel territorio nazionale”.
La telemedicina viene in aiuto per mantenere e migliorare le prestazioni del paziente a casa dopo la dimissione del trattamento riabilitativo. “Il paziente – spiega la Dr.ssa Donatella Bonaiuti, Direttore Reparto Neuroriabilitazione Ospedale San Gerardo di Monza – non si sente in tal modo abbandonato ed è motivato a mantenere, con la propria attività, i risultati del training riabilitativo appena terminato. Questo è possibile con l’ausilio di sensori che vengono indossati e registrano l’attività quotidiana, monitorata dal paziente e, a distanza, dallo specialista senza ulteriori disagi, e con la precisione delle tecnologie wireless e l’utilizzo di terminali e device economici di ultima generazione”.
LA ROBOTICA A FAVORE DELLA RIABILITAZIONE – Dagli studi scientifici degli ultimi dieci anni emerge un continuo e crescente interesse per sistemi robotici per la riabilitazione e l’assistenza. Un numero sempre maggiore di robot per queste applicazioni di grande impatto sociale è utilizzato in sperimentazioni cliniche e in alcuni casi in terapie riabilitative sempre più consolidate, grazie alle evidenze scientifiche che ne hanno dimostrato sicurezza per i pazienti, alta affidabilità ed efficacia del trattamento (in molti casi ancora parziale).
ARRIVANO GLI ESOSCHELETRI – Gli ultimi sviluppi si focalizzano verso i sistemi robotici indossabili (esoscheletri) e l’integrazione tra robot e tecniche di stimolazione muscolare (ad es. la stimolazione elettrica funzionale) e tecniche di neuromodulazione. Le sperimentazioni in corso sono moltissime, presso centri clinici in Italia e all’estero, ed hanno differenti obiettivi: alcuni si focalizzano sulle prestazioni motorie dell’arto superiore, altri sul recupero del cammino.
CHI SONO I PAZIENTI – “I pazienti che possono utilizzare i sistemi robotici per la riabilitazione – spiega Stefano Mazzoleni, ricercatore presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – sono potenzialmente tutti quelli affetti da patologie neurologiche che causano disordini del movimento, dell’equilibrio e della postura. Solo però dopo un’ampia e solida sperimentazione clinica che rispetti i principi rigorosi della metodologia di ricerca si possono evidenziare i possibili benefici e le limitazioni dei vari tipi di trattamento. Infine i trattamenti che hanno dimostrato efficacia e validità devono poi essere riconosciuti all’interno dei percorsi riabilitativi “ufficiali” da parte delle istituzioni competenti in materia sanitaria (Ministero della Salute, Sistemi Sanitari Regionali)”.
GLI SVILUPPI E I CENTRI A CUI RIVOLGERSI – Sono necessari studi clinici approfonditi per validare l’utilizzo di tecnologie potenzialmente in grado di favorire il recupero motorio e cognitivo delle persone con danno neurologico. In aggiunta si sta sempre più affermando l’esigenza di poter continuare a utilizzarle anche presso il proprio domicilio o presso le residenze sanitarie, in modo da assicurare una continuità di cura a vantaggio del paziente.
“In Italia – spiega il Prof. Stefano Mazzoleni – ci sono vari ospedali e centri clinici che utilizzano tecnologie robotiche per la riabilitazione post-ictus e si trovano sull’intero territorio nazionale. Il suggerimento è di rivolgersi al proprio medico di famiglia, mettersi in contatto con un fisiatra presso l’azienda sanitaria locale o con i responsabili della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN) per avere informazioni dettagliate. Non ci sono particolari rischi nell’utilizzo di tecnologie robotiche per la riabilitazione. Tutti i sistemi robotici utilizzati nelle sperimentazioni cliniche sono sicuri perché devono aver ottenuto preventivamente la certificazione CE che dichiara che il prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive e dai regolamenti dell’Unione Europea. Nel caso di sistemi prototipali, prima del loro utilizzo, è necessario richiedere l’autorizzazione agli uffici competenti del Ministero della Salute”.