Il processo di elettrolisi dell’acqua, in base al quale il passaggio di corrente elettrica causa la scomposizione dell’acqua in ossigeno ed idrogeno gassosi, nasce già nell’Ottocento: il meccanismo, come è noto, prevede la “rottura” della molecola d’acqua nei suoi elementi costituenti (idrogeno e ossigeno).
Utilizzando il suddetto processo l’inventore reggino Paolo Pecora, che già da anni era riuscito a produrre idrogeno senza utilizzare acido solforico, senza tuttavia trovare soluzione alle controindicazioni che ne rendevano difficile e pericoloso l’impiego, è adesso riuscito a realizzare un apparecchio, subito battezzato “Aquafire”, con il quale è invece possibile immagazzinare in sicurezza l’idrogeno generato nel processo.
La novità risiederebbe proprio nella soluzione trovata per la conservazione del gas prodotto: uno stoccaggio realizzato grazie a particolari membrane a microfibre che traslano il solo idrogeno in un contenitore pressurizzato, per un utilizzo successivo alla fase di produzione.
Tenendo sempre presente che in qualunque modo venga prodotta, la reazione elettrolitica necessita comunque di un’altra fonte di energia, quella elettrica, Paolo Pecora spiega che se il sistema trae energia da fonti rinnovabili, come ad esempio pannelli fotovoltaici, la produzione del combustibile risulta pressoché gratuita e innocua per l’ambiente e la soluzione potrebbe risultare vantaggiosa in tante situazioni in cui dovesse risultare problematico l’approvvigionamento di un combustibile.