Le nubi eruttive dell’Etna: nuovo monitoraggio delle ceneri vulcaniche messo a punto dall’Osservatorio Etneo dell’INGV

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Nella notte tra il 17 e il 18 marzo, l’aeroporto di Catania Fontarossa è rimasto chiuso e diversi voli sono stati dirottati a Comiso e Palermo. La causa? L’eruzione dell’Etna. L’attività esplosiva di tipo Stromboliano, se pur debole, ha prodotto una emissione di cenere vulcanica tale da raggiungere anche la città di Catania. Sono oramai diversi anni che la popolazione alle pendici del vulcano convive con questo problema della ricaduta di cenere, anche perché dalla fine degli anni novanta l’attività esplosiva dell’Etna è aumentata in frequenza. Basta non andare molto indietro nel tempo per ricordare l’eruzione del 2002-03 che, in quell’occasione, ha prodotto una nube vulcanica per quasi 2 mesi consecutivi.

Da allora – spiega Simona Scollo nella newsletter INGV – l’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE) ha cercato di migliorare il sistema di monitoraggio della dispersione delle ceneri vulcaniche per mitigarne l’impatto sia in aria sia al suolo. La cenere vulcanica, come ci ha insegnato l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010, può infatti causare danni anche per miliardi di euro, soprattutto per la sospensione del traffico aereo. La cenere vulcanica non solo è molto pericolosa per i motori degli aerei, ma può anche creare problemi alla salute dell’uomo e all’agricoltura, perché le particelle più grandi, i lapilli, cadendo, danneggiano i raccolti. Il monitoraggio delle nubi eruttive, svolto dall’INGV-OE, consiste nell’uso di diverse tecniche di telerilevamento che permettono di stimare le variazioni nel tempo di importanti parametri eruttivi. Prima di tutto, l’altezza della colonna eruttiva. Le recenti fontane di lava hanno evidenziato che la colonna eruttiva può risalire, in meno di un’ora, fino a raggiungere la stratosfera.

I sistemi di videosorveglianza installati a Catania e a Bronte, opportunamente calibrati, sono capaci di valutare l’altezza della colonna con un errore inferiore al 10% e di seguirne l’evoluzione temporale. Negli ultimi anni è, inoltre, operativo un sistema Lidar mobile e multispettrale (http://www.vamosseguro.eu), in grado di misurare il segnale di retrodiffusione proveniente dalla nube eruttiva. L’analisi dei dati consente non solo di discriminare la componente aerosolica, dovuta al vapore acqueo e gas vulcanici della cenere vulcanica, ma anche di valutarne la concentrazione in atmosfera. L’INGV-OE ha a disposizione due sistemi radar installati a 2700 m di quota presso La Montagnola, che permettono di rilevare l’attività esplosiva anche in presenza di una copertura nuvolosa: VOLDORAD2B, un radar in banda L, realizzato in collaborazioni con l’Università di Clermont Ferrand (http://wwwobs.univ-bpclermont.fr/SO/televolc/voldorad/#), operativo dal 2009; e il VAPOR-S in banda S, installato nel 2014. C’è infine un radar trasportabile in banda X, il VAPOR-X, finalizzato a osservare la nube eruttiva a maggiore distanza dai crateri sommitali. Alcuni disdrometri (laser ottici), basati su sistemi radar in banda X, sono, infine, capaci di rilevare la velocità di caduta della cenere vulcanica al suolo. L’utilizzo di questi strumenti permette di stimare alcuni parametri chiave che, inseriti all’interno dei modelli di dispersione, migliorano la nostra capacità di prevedere dove e quando cadranno le ceneri emesse durante un’eruzione esplosiva dell’Etna.

A oggi le mappe di previsione del deposito ottenute dai modelli di dispersione vengono forniti al Dipartimento di Protezione Civile attraverso un sistema di automatico, utilizzando scenari fissi con dati di input ottenuti dall’analisi delle eruzioni passate, come ad esempio l’eruzione del 2002-03 e del 1998. Il miglioramento del sistema di monitoraggio delle ceneri vulcaniche dell’INGV-OE permetterà, in un futuro non molto lontano, invece, di avere mappe di previsione aggiornate all’evento eruttivo in corso, in quasi real-time.

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