Fiato sospeso alle porte della Stazione Spaziale Internazionale. Lo scorso 30 marzo, durante la 199ª EVA della storia dell’esplorazione spaziale, Shane Kimbrough e Peggy Whitson della missione Expedition 50 della NASA hanno passato un brutto quarto d’ora.
Gli astronauti – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – stavano lavorando allo scudo termico progettato per difendere il Nodo 3 Tranquillity dai micro-meteoriti, quando improvvisamente uno dei quattro pezzi della copertura è sfuggito nello spazio.
Oggetti fluttuanti nei pressi della ISS si trasformano immediatamente in potenziali proiettili, che potrebbero mettere a rischio la sicurezza degli astronauti.
Per questo la base di terra è stata immediatamente allertata, ma dopo alcune verifiche la NASA ha riferito che non c’è il rischio che il frammento possa aver colpito la casa spaziale, o possa danneggiarla in futuro.
Resta il fatto che Kimbrough e Whitson sono stati costretti a trovare una soluzione d’emergenza per portare a termine il lavoro. E così i due astronauti hanno applicato un segmento di scudo che era stato appena rimosso da PMA-3 (Pressurized Mating Adapter-3), l’interfaccia pressurizzata utilizzata per connettersi al Nodo 3, chiudendo in questo modo il ‘vuoto’ lasciato aperto dal segmento perso.
Pericolo scampato dunque, ma l’episodio ci ricorda che le insidie delle gite extra ISS sono imprevedibili. Lo sa molto bene il nostro Luca Parmitano, che nel luglio 2013 è rimasto quasi soffocato da una perdita d’acqua nella tuta che indossava durante la sua seconda camminata tra le stelle.
E l’anno scorso l’ha scoperto anche il collega americano Tim Kopra, che indossava la stessa space suite dell’astronauta italiano e ha dovuto interrompere bruscamente la sua EVA dopo aver rilevato un po’ di liquido nel suo casco.
Nonostante le camminate spaziali siano ormai pratica rodata sulla ISS, con un totale di quasi 1.250 ore trascorse dai vari astronauti nel vuoto cosmico, bisogna quindi tenere a mente che passeggiare a 400 chilometri di quota non è una banalità.