Circa il 30% dei soggetti autistici cammina sulle punte dei piedi (il cosidetto ‘Toe walking’ o ‘Tip-toe behaviour’), e questo tipico comportamento probabilmente ha una correlazione con i disturbi della sfera sensoriale. A questa conclusione sono giunti gli specialisti di Villa Santa Maria, il centro di Tavernerio (Como) specializzato nella cura e riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da autismo e patologie neuropsichiatriche. La ricerca, che ha sottoposto a studi sistematici 70 casi seguiti dall’équipe di fisioterapisti guidata da Giulio Valagussa, è stata appena pubblicata su ‘Autism Research’. Lo studio – spiegano gli specialisti – ha consentito di far emergere una serie di aspetti finora sconosciuti rispetto a questo comportamento, che incide profondamente sull’autonomia e sull’equilibrio e che, alla lunga, causa una retrazione irreversibile del tendine di Achille risolvibile solo con un intervento chirurgico. È stata evidenziata la presenza di tre modalità di gravità crescente con cui questo comportamento sembra manifestarsi: presente solo nella corsa, presente nel cammino e nella corsa, presente nella stazione eretta, nel cammino e nella corsa. Inoltre, incrociando i dati acquisiti con quelli relativi al linguaggio, i ricercatori hanno individuato una relazione significativa tra il comportamento in punta e le difficoltà di linguaggio presenti nei soggetti autistici. Gli specialisti di Villa Santa Maria hanno anche suggerito che il comportamento sulle punte rappresenti una delle espressioni di una disfunzione sensoriale in cui il sistema nervoso centrale non è in grado di filtrare le stimolazioni periferiche (in questo caso di tipo propriocettivo), che risultano fastidiose. Stare sulle punte riduce la superficie di appoggio – spiegano – e quindi l’intensità sensoriale, diventando un modo di difesa involontario messo in atto dal cervello del bambino. Il fenomeno dipende quindi per gran parte dalla durezza della superficie di appoggio. Se questa è morbida, infatti, il comportamento si riduce notevolmente. Da qui la proposta di una soluzione tecnologica da applicare alla calzatura, attualmente sotto domanda di brevetto, che – osservano gli specialisti – potrebbe rivelarsi una vera e propria terapia a lungo termine per il disturbo: “Questi risultati – afferma Enzo Grossi, direttore scientifico di Villa Santa Maria – stanno riscuotendo un notevole interesse nella comunità scientifica e ci spingono a intensificare la ricerca nella speranza di dare una risposta concreta a questa esigenza riabilitativa“.