L’accesso ai nuovi livelli essenziali di assistenza è ancora lontano in molti casi. Colpa di alcune ‘falle’ del provvedimento, che dilatano i tempi di applicazione. Ovvero: i nomenclatori della specialistica e della protesica sono sprovvisti di tariffari; reti e registri regionali delle malattie rare non sono ancora disponibili; per la definizione di criteri uniformi per l’erogazione delle prestazioni si dovranno attendere specifiche intese Stato-Regioni; manca del tutto un metodo esplicito per l’aggiornamento delle prestazioni. E’ la dettagliata denuncia che emerge dall’analisi del Dpcm sui Lea, e dei relativi allegati, condotta dall’Osservatorio per la sostenibilità del Ssn della Fondazione Gimbe. “La pubblicazione dei nuovi Lea in Gazzetta Ufficiale – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – conclude un iter atteso da quasi 10 anni: grande merito al ministro Lorenzin per aver raggiunto un successo politico mancato dai suoi predecessori. Tuttavia, sfumata l’onda di entusiasmo mediatico, è doveroso rilevare che l’accessibilità alla maggior parte delle prestazioni incluse nei nuovi Lea è ancora un lontano miraggio per cittadini e pazienti, senza necessariamente voler entrare nel merito della copertura finanziaria”. L’Osservatorio ha realizzato una puntuale analisi del Dpcm e dei relativi allegati, rilevando che – in particolare i commi 1-5 dell’articolo 64 (Norme finali e transitorie) – “fanno emergere un provvedimento ‘orfano’ di indispensabili documentazioni tecniche, che rimanda ad ulteriori atti legislativi dalle tempistiche in parte ignote e imprevedibili, in parte note ma difficilmente applicabili in tutte le Regioni secondo le scadenze previste”. “Considerato lo straordinario traguardo politico ottenuto con la pubblicazione dei nuovi Lea – spiega Cartabellotta – la Fondazione Gimbe chiede a Governo e Regioni di definire una precisa tabella di marcia per fornire certezze a cittadini e pazienti sulla reale fruibilità dei nuovi Lea in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Infatti, rimandando ad atti successivi numerosi aspetti applicativi, il Dpcm li affida ad una tanto leale quanto utopistica collaborazione Stato-Regioni: secondo la storia recente, infatti, quando si entra nel merito delle risorse in sanità, assistiamo impotenti ad un acceso conflitto istituzionale che si ripercuote, oltre che su aziende e professionisti sanitari, su cittadini, pazienti e famiglie, soprattutto sulle categorie economicamente e socialmente più deboli”. Ma ecco gli ostacoli rilevati da Gimbe nel dettaglio: “Il cavallo di battaglia dei nuovi Lea – i nomenclatori specialistica ambulatoriale e protesica – risulta visibilmente ‘azzoppato’ perché i nomenclatori sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale senza le corrispondenti tariffe. Infatti, a ragion veduta, il Dpcm non utilizza mai il termine ‘nomenclatori tariffari’ e i commi 2 e 3 dell’art. 64 precisano che l’entrata in vigore dei nomenclatori dell’assistenza specialistica e protesica è subordinata all’operatività dei provvedimenti che fisseranno le tariffe massime delle prestazioni, ovvero un ‘decreto del ministro della Salute di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome”. Per l’Osservatorio Gimbe, “la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei nomenclatori ‘orfani di tariffe’ configura un paradosso normativo ratificato dal comma 5 dell’art. 64: infatti, se vero è che il Dpcm sui nuovi Lea sostituisce integralmente il precedente Dpcm 29 novembre 2001, di fatto i nomenclatori tariffari in vigore saranno abrogati solo quando sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto”. Precisa Cartabellotta: “Considerato che sono ancora in atto le consultazioni con varie categorie di stakeholder per la definizione delle tariffe delle prestazioni, i tempi necessari per l’entrata in vigore dei nuovi nomenclatori della specialistica ambulatoriale e della protesica sono totalmente imprevedibili”. Per quanto riguarda le malattie rare, il decreto ha ampliato l’elenco inserendo oltre 110 nuove entità tra singole patologie rare e gruppi di malattie. Tuttavia, il comma 4 dell’art. 64 precisa che le disposizioni in merito entreranno in vigore 180 giorni dopo la data di pubblicazione del Dpcm. “A Regioni e Provincie autonome – chiede il Cartabellotta – basteranno sei mesi per adeguare le reti regionali per le malattie rare con l’individuazione dei relativi presidi e registri regionali? Ma soprattutto, quali azioni sono previste per tutelare i pazienti con malattie rare nelle regioni inadempienti?”. E ancora. La definizione di criteri uniformi per l’individuazione di limiti e modalità di erogazione delle prestazioni – fa notare Gimbe – è rinviata a successivi accordi sanciti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome, su proposta del ministro della Salute. “Traducendo l’ineccepibile politichese con cui è redatto il comma 1 dell’art. 64 – sottolinea Cartabellotta – la standardizzazione su tutto il territorio nazionale dei criteri di erogazione delle prestazioni dei nuovi Lea (dispositivi monouso, assistenza protesica, assistenza ambulatoriale, percorsi assistenziali integrati, eccetera) viene ancora una volta rimandata ad atti successivi le cui tempistiche non sono definite dal Dpcm”. Infine la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, insediata l’11 ottobre 2016 con il compito di garantire il costante aggiornamento dei Lea attraverso una procedura semplificata e rapida, avrebbe dovuto formulare, entro il 28 febbraio 2017, una prima proposta di revisione da formalizzare entro il 15 marzo: entrambe le scadenze non sono state rispettate. “Abbiamo ripetutamente rilevato – ricorda Cartabellotta – anche in sedi istituzionali, che l’assenza di una metodologia esplicita per l’inserimento/esclusione delle prestazioni dei Lea rappresenta il tallone d’Achille del Dpcm: infatti, questa carenza rende estremamente complesso effettuare l’aggiornamento annuale delle prestazioni in un contesto caratterizzato da risorse limitate, continuo turnover tecnologico e necessità di mantenere ampio consenso professionale e sociale”.